Feufollet Two Universes
2015 - Feufollet Records / IRD
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Giovani, ben assortiti, divertenti, colorati: i Feufollet sono un quintetto del sud-est della Louisiana a cui piace flirtare con le tradizioni della loro terra. Guidati da Chris Stafford (voce, fisarmonica e chitarra) e Kelli Jones-Savoy (voce, violino e chitarra) suonano un freschissimo mix di cajun, zydeco, country classico, rock e pop, alternando brani in inglese e in francese. Da sei dischi a questa parte sono la dimostrazione di come il rispetto per le radici e la territorialità della propria musica possa essere il propellente per creare qualcosa di vitale e al passo con i tempi, senza rimanere invischiati nella pedissequa riproposizione – pur filologicamente inappuntabile – del già sentito. En Couleurs (2010) fu premiato con una nomination ai Grammy Award nella categoria riservata ai migliori album zydeco e cajun e questo Two Universes, che arriva dopo 5 anni di lavoro, segna un ulteriore allargamento nella varietà degli arrangiamenti e un miglioramento nella capacità di dar forma ai brani.
Il cajun - musica degli Acadiani francofoni deportati dal Canada nel sud degli Usa dopo il 1755 - costruisce intorno a due strumenti melodici, il violino e una speciale fisarmonica semplificata, pezzo ballabili dal ritmo intenso e vigoroso. I Feufollet partono da questa base per reinventare il loro stile, imbastardendolo con altri generi e lavorando efficacemente sulle melodie e sulla vocalità.
Il calcio di inizio di Two Universes lo dà Kelli Jones-Savoy con Tired Of Your Tears, un uptempo abbastanza di routine sostenuto dal guizzante organo di Andrew Toups (new entry del disco), sugli scudi anche della successiva Know What's Next: qui però è Stafford a cantare, imprimendo al brano malinconiche venature indie-pop britanniche. E' un buon colpo, del tutto inaspettato, già al secondo pezzo. Di melodie incisive, capaci di imprimersi rapidamente nella memoria, ce ne sono diverse, soprattutto quando è il turno della voce ammaliante della Jones-Savoy: da citare When You Said Goodbye (dopo, tra gli altri, il country swing di Hole In My Heart), picco emotivo del disco, country ballad a tempo di valzer intrisa di malinconia; o la finale Questions Sans Résponses, più complessa e intrigante, con belle variazioni di timbro, da consumata (ma giovanissima) chanteuse. Il suo contributo al violino è altrettanto importante, perché aggiunge i profumi degli Appalachi, richiamando altre storie e altre tradizioni folk: la title track è un ottimo esempio di questa inflessione più anglosassone.
Già a metà del disco è chiara l'idea della band di non farsi incastrare in nessun genere particolare ma di seguire strade diverse, al punto che i brani più vicini alla tradizione rischiano di sembrare dei doverosi riempitivi, quasi un tributo dovuto alla storia e alle radici. Così è per lo zydeco-pop di Cette Fois (seconda delle quattro tracce francofone) e per tutti i pezzi dove il ritmo sale, come in una festa popolare, magari in modo piacevole ma abbastanza limitante in termini di creatività e capacità di andare oltre. Ma il bicchiere resta comunque abbondantemente mezzo pieno. Basti citare le tastiere leggermente acide, le chitarre fuzzy e i ritmi jazzati di One Foot In My Door, o la melodia scanzonata di Pris Dans Le Vie Farouche, che sarebbe piaciuta al nostro Willy DeVille, appassionato cultore di tutte le musiche del sud. Two Universes è veloce, convincente e non troppo impegnativo: l'obbiettivo di fondere due “universi”, quello della tradizione francofona e quello pop-rock, è stato ben messo a fuoco e merita ulteriori approfondimenti, magari puntando con più determinazione sulla voce femminile.