Federica Michisanti Horn Trio Jeux De Couleurs
2020 - Parco della Musica Records
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Ascoltare la musica di Federica Michisanti e del suo trio è un po' come stare in equilibrio su un filo sottile, senza appigli a portata di mano e senza una rete di sicurezza a proteggerci da una caduta, eppure la sensazione è piacevole, e si avanza un passo alla volta in attesa della sorpresa successiva Mancano strumenti armonici, manca una scansione ritmica sicura: ci si attacca così alle spigolose e oblique melodie, alle interazioni tra i due fiati che si infittiscono, alla struttura che fa da sfondo a ogni singolo brano e che emerge pian piano, tra parti scritte e parti improvvisate. L'impostazione richiama ovviamente quella del precedente e pluripremiato Silent Rides (2018), con uno sforzo ulteriore di astrazione e rarefazione tematica e una maggiore maturità nel dialogo fra i tre protagonisti, che è indubbiamente cresciuto di livello. Come nel lavoro di due anni fa restano ampie tracce di temi riconoscibili, ma in Jeux De Couleurs è soprattutto l'intreccio fra il sax tenore e il clarinetto di Francesco Bigoni e la tromba di Francesco Lento a disegnare le tinte più intense e a tracciare le campiture più grosse. L'ascoltatore diventa così il quarto protagonista di una fitta conversazione, assaporandone sia l'andamento pacato e ordinato che la scoppiettante e improvvisa volubilità, che si succedono senza soluzione di continuità.
Il “gioco dei colori”, posticipato a causa del lockdown e pubblicato da Parco della Musica Records, è un arcobaleno cromatico in lingue diverse, che cerca di trasferire sulla tela musicale la declinazione più personale di un verde o di un Blau, di un giallo o di un Amarillo. Tutti i brani, prodotti in due giorni di registrazioni, portano la firma di Michisanti ad eccezione dell'ultimo, Improvisation Des Couleurs, organizzato come una libera improvvisazione in tre diversi movimenti. Un solido riff del contrabbasso apre l'iniziale Qalb-Il verde, che ha una netta partizione in due tempi e l'andamento di una dolente processione, al confine tra diverse ispirazioni etniche e musicali. Il successivo Aka regala, dopo il saltellante tema iniziale, vasti e inaspettati echi di swing e blues tradizionali, simili a relitti del passato che emergono accanto a un'indubitabile ispirazione contemporanea; l'uso della sordina contribuisce ovviamente al clima generale. Blau è forse il brano più schematico del disco e rappresenta una sorte di carta identità dell'Horn Trio: alla melodia all'unisono segue un trittico ben definito di assoli (clarinetto-tromba-contrabbasso) solo lievemente increspati da punteggiature degli altri strumenti, in un clima sereno e rilassato. Ma la liaison tra i due fiati si fa presto più tesa e complessa, con intrecci e rimescolamenti che diventano l'abitudine. Basta ascoltare il “pigolare” e il battibeccare quasi idiomatico di Purple, il botta e risposta di screziature sempre più robuste in Amarillo, dove l'archetto si accanisce sul contrabbasso, e l'insistito contrappunto di Orange. L'assortimento delle combinazioni sembra infinito, guidato e orchestrato dalla mano ferma del leader.
Il finale segna un prolungamento nei tempi degli assoli, come nell'affresco in bianco di Weiss, e della singola performance, come nella conclusiva e già citata Improvisation Des Couleurs. Lo spazio per la libertà è in fondo, nell'ultima traccia, come uno sbocco naturale, un suggello necessario a tutto quanto è stato profondamente “lavorato” in precedenza. È una sorta di altra faccia dell'Horn Trio, non troppo difficile da seguire grazie alla suddivisione in tre momenti, di cui si apprezzano la modulazione delle dinamiche (parte I), l'apparente destabilizzazione collettiva (parte II, ma i tre non sono mai stati così vicini) e l'intrigante sensazione di mistero (parte III). Davvero questa è musica dove ti aspetti che possa sembra succedere qualcosa, soprattutto qualcosa di nuovo e diverso, purché la si affronti con la dovuta attenzione e la giusta predisposizione di cuore e cervello.