Fabrizio De Andrè Rimini
2018 - Interno 4
La seconda stazione del nuovo corso di De Andrè (cominciato sotto l’egida degregoriana in Volume 8), prosegue qui con il supporto di Massimo Bubola a rimasticare accenti USA. Il disco è quindi sospeso tra passato e futuro: da un lato la consolidata lingua chirurgica dei testi (evocativi o descrittivi che siano), dall’altro i freschi climi folk/rock. Con qualche suggestione etnica (Zirichiltaggia), prodroma dei lavori a seguire. Tolta la strumentale Folaghe che sembra uscita da una soundtrack di Riz Ortolani e suona da riempitivo, un lp di consistente peso specifico. Rimini comincia bene: un ritratto di donna nello stile di Leonard Cohen. Anche se Teresa non è Suzanne (folle “donna del porto”) ma la figlia di un droghiere che sogna in grande e rimane incinta di un bagnino. Volta la carta potrebbe discendere dall'arcinota passione deandreiana per la divinazione: una filastrocca folk di vago sentore scozzese (violini in evidenza) dove si narra soprattutto delle vicissitudini amorose dell'ingenua Angiolina che “alle sei di mattina s'intreccia i capelli con foglie d'ortica/ ha una collana di ossi di pesca/ la gira tre volte intorno alle dita/ ha una collana di ossi di pesca/ la conta tre volte in mezzo alle dita” (un rito o una nevrosi?). Con Coda di lupo la festa è decisamente finita. Si passa alla durezza dei testi. Alla volontà di non distogliere lo sguardo da realtà anche scomode (contestazione, anni di piombo, indiani metropolitani e Luciano Lama impedito a comiziare). Dicendo e non dicendo, come da licenza poetica. Servendosi di metafore e contesti da Far West.
Più sentimentale è la cripticità di Andrea, chitarre pizzicate per un soldato omosessuale che “si è perso/ e non sa tornare”. Avventura a Durango è Romance in Durango di Bob Dylan riveduta e corretta nel refrain in napoletano. La storia di due fuggitivi, sfondo western e musica di colore messicano per due banditi che non faranno una bella fine. La storia di Sally è un'altra storia di libertà. Quella dei nomadi, cui un bambino decide di aggregarsi a dispetto delle raccomandazioni della madre (“Mia madre mi disse/ non devi giocare/ con gli zingari/ nel bosco”). Si arriva infine all’evocativa Parlando del naufragio della London Valour, ispirata all’episodio di “una nave naufragata a Genova” in cui De André recita come in un talking blues. Scrittura transmediale e molta suggestione, con una colonna sonora di accompagnamento tendente al rock (l’apporto di Massimo Bubola si vede e si sente). Un classico d’autore che nella pregevole riedizione di Interno 4 si accompagna a un libretto di oltre 70 pagine in cui sono raccolti ricordi, riflessioni, dietro le quinte, divagazioni, intorno a questo disco. C’è anche Faber, che lo racconta in prima persona in un’intervista d’antan rilasciata a Claudio Bernieri. Tutto molto bello. E anche necessario, se me la passate.