Fabrizio Cammarata & The Second Grace Rooms
2011 - Via Audio Records / A Buzz Supreme
#Fabrizio Cammarata & The Second Grace#Italiana#Folk #Acoustic
Il nuovo lavoro di Fabrizio Cammarata & The Second Grace, Rooms, parte bene, anzi benissimo. All I Know è brano dalle sonorità orecchiabilissime e dolci, chitarra acustica – che è presente ad ogni brano – e voce con testo che è semplice e bello: «I can't be waiting for another day to pass / I can't just sit here all alone / ’cause I’ve grown too old / knowing you still won't come / oh, no, you still won't come». Struggente seppure ritmico e “canticchiabile”, il palermitano Fabrizio Cammarata è voce e chitarra dei The Second Grace – nome preso dai versi di una canzone di Nick Drake, Fly – e gli altri sono Fabio Rizzo alla chitarra slide, John Riggio al basso e Fabio Finocchio alle percussioni. Alone & Alive è la seconda traccia, scelta come primo singolo del disco, forse uno dei pezzi più sentiti dall’autore, partenza soft e lenta che ci ricorda nel ritornello «I’m alone and alive» e nei cori, nonché nella vocalità, un indimenticabile Richard Ashcroft dei Verve.
La ballad Misery ci riporta alla tradizione americana folk classica e un po’ anche ad uno stile Irish folk che ricorda Damien Rice. Rooms, il titolo del lavoro registrato tra la Sicilia e gli Stati Uniti con la preziosa collaborazione dei Calexico, è emblematico. “Stanze” dunque, stanze di melodia, di blues e di soul; stanze, le sue stanze, quelle di Fabrizio, in cui ha deciso di farci entrare – pur non essendo questo, come lui stesso ha affermato, un album autobiografico, ma si sa che alla fine, quando si scrive, si scrive poi sempre di se stessi –; stanze in cui regna la riflessione intimistica fra malinconia e solitudine che si respira soprattutto in Down Down, dallo struggente ritornello «I want go / down down / I want go / down down…”. Si passa poi attraverso Aberdeen Lane ricca di atmosfere londinesi e Mont Pellegrino dove si riscopre un po’ di allegria, ma forse soltanto illusoria, perché la malinconia si sente sullo sfondo e nella vocalità di Fabrizio.
Una malinconia che però non è mai patetica e banale, anzi, è profonda quanto quella sorta di voluptas dolendi quasi adolescenziale, un ripiegarsi costruttivo su se stessi, riflettendo magari contemplando la pioggia. Ed ecco Me and the Rain, una bellissima chitarra alla Peter Tosh e un roots reggae in perfetto stile Seventies.
Insomma, si deve proprio riconoscere che Cammarata ci ha confezionato davvero un bel lavoro, dieci “stanze” di emozioni, di ricordi e di sensazioni che ci arrivano dirette e ci fanno ben sperare per questa nuova promessa della musica.