Non un disco di solo blues ma anche tracce di jazz, funk e rock per un disco che, nonostante i molteplici ascolti, ancora non riesco bene a giudicare in una continua alternanza tra interesse e fastidio difficili da motivare. Già al fianco del grande Otis Taylor, il cubano di nascita Eddie ´devilboy´ Turner, si presenta con questo ´Miracles & Demons´ in compagnia del vecchio produttore di Taylor: Kenny Passarelli ma i risultati sono purtroppo lontanissimi dal suono di quei dischi. Turner è abile chitarrista e buon cantante, ha stile e tecnica e spesso sembra intuire quale è la cosa giusta da fare ma si rifugia in soluzioni che vanificano le intuizioni. La sensazione è che cerchi di piacere in modo maldestro. Intendiamoci, il disco non è per niente brutto ma sembra mancare sia di ´corpo´ che di ´anima´. Per corpo intendo un corpo sonoro più che strumentale in senso stretto e per anima quel qualcosa che possa richiamare l’attenzione, non dico del mio cervello ma almeno delle mie orecchie, in modo più continuativo. Spiace dire questo perché in quasi tutti i brani qualcosa si fa notare ma in modo episodico e non basta. In internet ho visto dei video live di Turner e li, naturalmente, il discorso si fa profondamente diverso. Il fantasma hendrixiano compare più volte cosi come compare nei brani sicuramente più interessanti e riusciti del disco, le due tracce che danno il titolo all’album e che chiudono le immaginarie facciate ´a´ e ´b´ di ´Miracles & Demons´. Suono oscuro e voce a cercare il giusto appoggio ritmico delle parole reiterandone ossessivamente la sillabazione e facendo gemere la chitarra. Ma sono gli unici episodi che convincono appieno e valgono l’ascolto! In generale il ´lato b´, la seconda parte del disco, il lato ´Demons´, sembra convincere di più ed ecco, forse l’eccessiva intelletualizzazione nella divisione tra il lato Salvezza (miracles) e quello degli impulsi oscuri (Demons), la ricerca della dicotomia a tutti i costi, piacere e dolore/ amore e solitudine, bene e male, non ha giovato al disco. ´My blues´ è un altro dei brani riusciti, almeno in parte, nel suo riconoscersi nello ´stile´ musicale di cui parla ma, paradossalmente, anche i brani più distanti dal Blues (si tratta del pop rock divertente di Monkey See, Monkey Do e il blues jazz della successiva In the Morning) sono gli unici che alla fine risultano almeno ´gradevoli´. Alla prossima ´devilboy´.