Dylan Howe Subterranean: New Designs on Bowie`s Berlin
2014 - Motorik / IRD
Nel frattempo, oltre a vari progetti hard bop-jazz firmati Blue Note, si è fatto apprezzare per le tante e prestigiose collaborazioni: Ian Dury and the Blockheads, David Gilmour, Nick Cave, Ray Davis, Paul McCartney, Wilko Johnson, etc..
Diciamo subito che Subterranean: New Designs on Bowie's Berlin, ovvero la sublimazione di una passione risalente all'adolescenza, è un ambizioso progetto di fusione musicale basato sulla leggendaria triologia Berlinese di David Bowie e Brian Eno (intendiamoci, ben distante da quello sinfonico di Philip Glass) dove, cosa interessante se non addirittura coraggiosa, nonostante il particolare contesto, Howe non abbandona il suo amore per hard bop e jazz modale ma anzi lo erige ad aspetto creativo e decisivo del disco.
Quindi, dopo alcuni albums “classici”, spinto da sincere motivazioni, Howe ha sentito il bisogno di osare, di proporre qualcosa di personale e originale, lavorando molto anche in studio di registrazione con sessioni multiple e sovraincisioni: “Stavo facendo un disco stavolta, non solo la registrazione di un album”. Insomma, non solo un disco composto e registrato ma anche pensato, metabolizzato nei modi laboriosi di una colonna sonora per un paesaggio futurista.
L'insolito abbraccio tra rock, prog, ambient e jazz modale, arricchito dalle capacità poliritmiche, creative di Howe e da ottimi musicisti inglesi, si esibisce in un tutt'uno affascinante, con l'anima di Coltrane (citata come influenza dallo stesso autore) che sembra vagare in qualche brano tra le grigie e ammalianti ambientazioni di Low.
I nove pezzi, di cui sette tratti da Low e Heroes, dilatati e allungati, seguono le melodie originarie ma in realtà assorbono ben poco, si rigenerano nei modi personali di Howe, l'atmosfera è pur sempre a scale di grigi ma fa intravedere cascami modificati con sfumature e colori accesi sconosciuti all'opera originaria. Gli arrangiamenti, cullati da sonorità elettroniche e orchestrazioni elettroacustiche, che si sviluppano in modo omogeneo per tutto il disco, ci fanno pensare più ad un disco di “jazz cinematografico” che ad un rock progressivo, ma in realtà dipende dai momenti.
Essendo un disco qualitativamente unitario, non è facile scegliere gli episodi migliori che comunque si possono rintracciare nelle splendide melodie, jazzate e futuriste, di Weeping Wall e Warsawa, quest'ultima tagliata di netto da un decollo coltraniano (Brandon Allen al sax), o nell'improvvisazione a tre vie per pianoforte (Ross Stanley), batteria e koto (Steve Howe), tutto registrato separatamente, della pregnante Moss Garden.
Art Decade si fa bella con rintocchi estatici di piano e ripetizioni ipnotiche dei fiati, mentre la coraggiosa All Saints e in parte anche l'apocalittica Some Are, alternano binari hard bop a quelli in linea con i temi di un album che, tutto sommato, ha pure un suo paradigma orientato verso l'elettronica tedesca di fine anni settanta (Tangerine Dream, Neu, etc..).
Misura, equilibrio, modi, strumentazioni, produzione, sono gli aspetti che sorprendono di più; Subterranean è un disco decisamente originale che aggiunge corpo e musicalità alle avvolgenti atmosfere fataliste immaginate da Bowie, in funzione di un'anima cinematografica che riesce ad unire con buon gusto, cosa mai facile, generi e passioni diverse.
Vivamente consigliato a chi ama colonne sonore, spiritual jazz e contaminazioni in genere.