Depeche Mode Memento Mori
2023 - Columbia Records
In quanti modi si potrebbe elaborare un lutto? Rimuovendo, ricordando, rivivendo, riscrivendo il passato, riprendendo il cammino? E quante volte ci siamo detti che viviamo per morire, e che ci dovremmo ricordare spesso che proprio il ricordo della morte ci dà il gusto per la vita, cogliendo il meglio da essa?
Quando la morte si portò via improvvisamente Andrew Fletch Fletcher, lo scorso anno, la stesura e il titolo del quindicesimo lavoro in studio del gruppo, Memento Mori, erano già decisi, creati e sostenuti da colui che unanimemente era riconosciuto come il collante fra gli altri due componenti, perché intimo amico di giovinezza di Martin Gore, e compagno di avventure musicali di Dave Gahan.
Quando la morte si portò via improvvisamente Andrew Fletch Fletcher, lo scorso anno, la stesura e il titolo del quindicesimo lavoro in studio del gruppo, Memento Mori, erano già decisi, creati e sostenuti da colui che unanimemente era riconosciuto come il collante fra gli altri due componenti, perché intimo amico di giovinezza di Martin Gore, e compagno di avventure musicali di Dave Gahan.
Nessuna premonizione, dunque, e nemmeno uno squallido tentativo di speculare sull'onda emotiva che ha travolto tutti; piuttosto, un titolo che introduce a un ascolto attento, che si ribella all'usa e getta della logica perversa dei singoli Spotify-able, ma che ambisce a costruire un percorso concettuale, cinematico, denso di atmosfere che solo superficialmente possono sembrare cupe o pessimistiche, ma che in realtà spingono verso la meditazione, con suoni ricchi, una sorta di enciclopedia delle latitudini musicali attraversate dal gruppo in questi quarant'anni, dal synth pop (copyright People are People) di People Are Good, al clima industrial di Wagging Tongue, il cui andamento ricorda quello creato dai Kraftwerk, fino al goth di Don't Say You Love Me, o alla ballad elettronica (no, con i DM non è una contraddizione) Soul With Me, rivisitata con piglio da crooner da parte di un Gahan, la cui voce sembra rimanere immune al trascorrere dei decenni.
Fondamentale, per la costruzione di una palette sonora tanto articolata, eppure compatta, la produzione di James Ford e il missaggio della bresciana Marta Salogni, anche coautori di alcuni brani, coadiuvati dai polistrumentisti, membri della band di lunga data, Peter Gordeno e Christian Eigner, presenti anche nel tour mondiale appena partito. Un arrangiamento complesso, orchestrale, di Davide Rossi, che ha registrato gli archi allo Shangri-La, lo studio di Rick Rubin, e la collaborazione di Richard Butler, il leader degli Psychedelic Furs, in quattro pezzi, fanno il resto, costruendo un lavoro efficace, che aggiunge luce alla scrittura ispirata di Martin Gore, che sembra accogliere voci diverse, da Salogni a Ford, da Butler a Gahan; sullo sfondo, il magistero compositivo di Leonard Cohen, con la sua spiritualità acre e disincarnata, e le suggestioni di contemporanei, come Roger Waters (sua l'eco No War nel mesmerizzante brano di apertura My Cosmos Is Mine) e Nick Cave (Caroline's Monkey).
Fondamentale, per la costruzione di una palette sonora tanto articolata, eppure compatta, la produzione di James Ford e il missaggio della bresciana Marta Salogni, anche coautori di alcuni brani, coadiuvati dai polistrumentisti, membri della band di lunga data, Peter Gordeno e Christian Eigner, presenti anche nel tour mondiale appena partito. Un arrangiamento complesso, orchestrale, di Davide Rossi, che ha registrato gli archi allo Shangri-La, lo studio di Rick Rubin, e la collaborazione di Richard Butler, il leader degli Psychedelic Furs, in quattro pezzi, fanno il resto, costruendo un lavoro efficace, che aggiunge luce alla scrittura ispirata di Martin Gore, che sembra accogliere voci diverse, da Salogni a Ford, da Butler a Gahan; sullo sfondo, il magistero compositivo di Leonard Cohen, con la sua spiritualità acre e disincarnata, e le suggestioni di contemporanei, come Roger Waters (sua l'eco No War nel mesmerizzante brano di apertura My Cosmos Is Mine) e Nick Cave (Caroline's Monkey).
Oltre a Wagging Tongue, dedicata a Mark Lanegan, scritta a quattro mani con Gore, Gahan firma Before We Drown, in cui l'autore si mette a nudo, cantando We have to move forward, before we drown, e Speak To Me, nella quale la sua vocalità si innalza a vette emotive difficilmente sostenibili, se si colloca il brano, come deve essere, alla conclusione di questo percorso, doloroso, ma necessario, in mezzo all'esistenza, allo sperdimento, alla spinta verso la rinascita. I versi I'd be grateful, I'd follow you around / I'm listening, I'm here now, I'm found non traggano in inganno; non si tratta - tanto - di una canzone d'amore nel senso tradizionale del termine. È invece una richiesta alla vita, perché continui la sua opera in noi, anche dopo che qualcuno ci ha lasciati; e la lunga coda strumentale ed elettronica, che chiude l'album, lascia nell'ascoltatore, chiarissima, l'idea che solo la musica può guarire le ferite, a aiutare davvero a elaborare il lutto, di qualunque genere esso sia.
I Depeche Mode sono tornati, per restare. In nome di chi è andato, ma resta. Dopotutto, We know we'll be ghosts again...