Dennis Rea Views from Chicheng precipice
2010 - Moonjune records
Dei cinque brani tre sono antichi brani tradizionali riarrangiati, uno di un compositore contemporaneo di Taiwan e solo il brano d’apertura Three Views From Chicheng Precipice è scritto da Rea. Al tema scritto, di quasi cinque minuti, segue un fitto e arioso dialogo strumentale tra la violinista Alicia Allen, la violoncellista Ruth Davidson, il percussionista Will Dowd e lo stesso Rea. Le percussioni dominano sapientemente la parte improvvisata che non ha però il magico respiro della parte scritta. Nella seconda traccia Tangabata ci si avventura magicamente in quindici minuti di atmosfere eterea e sognante in cui i suoni dei flauti a canne e del trombone sono inseguiti ed emulati da decine di strumenti senza mai smarrire il senso di leggerezza in incantevole bilico tra cultura cinese e sapori free jazz. Bella anche la terza traccia Kan Hai De Re del taiwanese contemporaneo Chen Ming-Chang. L’arrangiamento prende, soprattutto nella chitarra, colorature fusion anni ottanta ma il tema, così come la parte orchestrale e le parti di violino sono dolci e leggere.
Lo spessore del disco si vede però appieno nel brano successivo. Avariations On è un duetto tra le chitarre di Rea e la voce incredibile dell’italo australiana Caterina Da Re. Che cosa è capace di fare la Da Re in questi quasi sette minuti ha dell’incredibile. L’imitazione degli uccelli che caratterizza questa “serenata per cento uccelli” lascia sbalorditi per precisione e forza. Un talento assolutamente unico che purtroppo ho conosciuto solo attraverso questo disco e, ne sono sicuro, varrà la pena di coltivare. Chiude l’album la percussiva Bagua con dieci minuti di suoni che restituiscono appieno sia la giocosità popolare del brano sia l’interessante lavoro di organizzazione sonora.
Proprio l’uniformità sonora e la cura del dettaglio rendono quest’album, oltre che estremamente godibile, sicuramente interessante più della media dei prodotti simili in cui lo stereotipo sonoro va più alla ricerca della gradevolezza all’orecchio che di una strada personale verso una tradizione così lontana così come in questo disco succede.