Delvon Lamarr Organ Trio Cold As Weiss
2022 - Colemine Records / Goodfellas
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Seppur forse un po' pretenziosa, la presentazione della loro musica sulle pagine del sito web della Colemine Records serve a render l'idea: la loro specialità è l'arte perduta della “feel good music”, la musica “per star bene”. Questo intendimento si sostanzia, ancor più che nei lavori precedenti, in una maggior concentrazione sul groove e sulle melodie e in un minor spazio concesso all'improvvisazione. Se l'organ trio nel jazz si è sempre configurato come un divertissement ad altissimo tasso di creatività, il Delvon Lamarr Organ Trio predilige un orientamento più ritmico-melodico che armonico e uno stile pulito, lontano dalla complessità e dalle sfumature dei grandi interpreti di questo “micro-genere”. Un disco soprattutto da ballare, si potrebbe dire, ed è difficile trattenersi dal farlo in brani come Pull Your Pants Up, guidato dal ritmo implacabile e invariabile della chitarra e della batteria, o Get Da' Steppin', pezzo super-funk da lanciare ai piani alti delle classifiche.
Ovviamente nei quaranta minuti di Cold As Weiss c'è anche dell'altro. La stessa Get Da' Steppin' sciorina un assolo intrigante, arricchito di tutto l'armamentario di ogni buon organ hero: progressioni scalari che si intrecciano, cambi di ritmo, iterazioni, note tenute. I Wanna Be Where You Are (ancora una volta divertente, coinvolgente, ballabile) e Keep On Keepin' On confermano l'attenzione per la costruzione melodica, anche a costo di ridurre quasi all'osso le sonorità e potenzialità dello strumento principe, in un modus operandi che accompagna tutto il disco. In Uncertainty prevale una rilassata e sexy atmosfera soul, con i caldissimi accordi dell'organo sullo sfondo. Slip 'N' Slide aggiunge gioiosità e cantabilità di sapore gospel, giusto per non far mancare nulla al calderone di musica nera. E poi bisogna citare il terzo incomodo, l'alter ego del trio, il chitarrista Jimmy James, inaspettata arma di riserva ed efficace sponda a Lamarr in più di un'occasione. Don't Worry 'Bout What I Do è quasi tutta farina del suo sacco: prima espone il tema e poi esegue l'assolo, mostrando influenze blues ma senza mai abbandonare una sonorità pulita, levigata. A lui si deve anche la deviazione più oscura del disco, la notturna This Is Who I Is, spruzzata di psichedelia e punteggiata di latrati wah-wah di lontana matrice hendrixiana. In attesa, magari in futuro, di qualcosa di più corposo e profondo, possiamo farci infettare serenamente da questa “feel good music”, e muoverci a ritmo.