Luck and Strange<small></small>
Rock Internazionale • Songwriting • psych, blues-rock

David Gilmour Luck and Strange

2024 - Sony

14/10/2024 di Luca Swanz Andriolo

#David Gilmour#Rock Internazionale#Songwriting #psych #Songwriting

Ora, Roger Waters ha rifatto The Dark Side of the Moon (di cui rivendica la paternità) togliendo le chitarre. David Gilmour presenta un disco solista che dice essere il suo disco migliore dopo The Dark Side of the Moon (che identifica come summa dei Pink Floyd). In mezzo, visioni politiche opposte, caratteri inconciliabili, accuse reciproche, anche molto pesanti, e l’impossibilità di una reunion dei Pink Floyd superstiti. Però stiamo parlando del disco solista del chitarrista e secondo cantante della band, non della band. Certo, è difficile evitare confronti, è quasi impossibile non pensare agli elementi musicali ed extramusicali che fanno parte della storia della musica e del costume e ragionare a proposito di un disco per quello che è, cioè una raccolta di canzoni registrate da un musicista influente in età pienamente pensionabile.

La chitarra è ovviamente riconoscibile ai massimi livelli, già dall’iniziale Black Cat, poi più prolissa nella bluesaggiante title track, impreziosita per i nostalgici dal recupero di una parte di piano elettrico e organo hammond del defunto Richard Wright. La voce è possibilmente anche maturata e al falsettone dolce e mellifluo si accosta qualche basso arrochito, in verità sempre esistito come contraltare ai singulti quasi bowieani di Waters, da quando i due cantanti hanno assunto personalità riconoscibili, fuori dai cori della prima produzione post-Barrett. Ma si è detto di lasciare da parte i confronti. 

Purtroppo in questo lavoro solista del vecchio Gilmour la stucchevolezza si affaccia più di una volta, come nell’enfatica e pomposa A Single Spark, pure non priva di una reminiscenza quasi dark. Se si deve pensare ai Pink Floyd, è plausibile pensare a The Division Bells. Cori femminili, tappeti. E chitarra, chitarra, chitarra. O lap steel, come nella sognante Vita Brevis. Ciò che pare mancare maggiormente è un collante a livello lirico e, forse una direzione precisa. Cosa più evidente in Between Two Points, cover di un brano dei Montgolfier Brothers, cantata dalla figlia Romany, che pare il singolo di una cantante (Xanax?) pop di quelle in voga al momento. Molto più interessante la coheniana (ascoltare per credere, anche nel testo… “my killer, my friend”) I Have Ghosts, in cui la voce impostata sui bassi risulta particolarmente convincente.

Liricamente l’album fa i conti con il tempo che passa, con il passato glorioso, il futuro evanescente.
Nessuna grande sorpresa, ma era così lecito attendere novità rimarchevoli?

Track List

  • Black Cat
  • Luck and Strange
  • The Piper`s Call
  • A Single Spark
  • Vita Brevis
  • Between Two Points
  • Dark and Velvet Nights
  • Sings
  • Scattered
  • Yes, I Have Ghosts (cd bonus track)
  • Luck and Strange original Barn Jam (cd bonus track)