Daniele Sepe Suonarne 1 x educarne 100
2006 - Il Manifesto
Lo si sente dai suoi dischi che mettono in scena pezzi di realtà, se non vere e proprie epoche come in questo caso: “Suonarne 1 x educarne 100” è un concept sugli anni Settanta, più precisamente sui cosiddetti anni di piombo.
Provocato forse dalla diffusa paura di tornare ad uno dei periodi considerati più bui della recente storia italiana, il musicista napoletano ha scelto di fare un album su quegli anni mettendo in evidenza però il lato creativo e libero di quella generazione.
Da vero intellettuale, come dicevamo, Sepe non si limita ad uno elogio del passato, ma compone e suona con lo sguardo rivolto all´oggi: arriva a criticare il sistema attuale anche attraverso gli arrangiamenti, coerenti sì con il periodo storico, ma non datati, proprio perché aperti e rivolti in avanti.
Il punto di partenza è una coppia che comincia la giornata accendendo la radio: tra sonnolenza e bisticci si è proiettati all’ascolto di un programma o meglio di una serie di cambi di frequenze che ben rappresentano gli stimoli e le contraddizioni di una società non ancora omologata.
Non ci si faccia ingannare dalla dicitura in copertina che accredita il disco alla Rote Jazz Fraktion. Qua di jazz come lo intendiamo oggi non ce n’è; c’è semmai un suono che recupera lo spirito libero, provocante e progressista del jazz d’avanguardia. Non a caso il primo brano in scaletta è un pezzo di Frank Zappa, che Sepe interpreta sorretto come sempre da una compagnia di voci e musicisti che lo aiuta a comunicare quel pluralismo che il benessere ha drammaticamente ridotto a globalizzazione.
Personaggio principale del disco è Piero Zamponi, entrato in coma per un colpo preso durante una manifestazione e risvegliatosi sulla musica di “Staying alive” (!) dei Bee Gees: è lui il metro di misura di quanto perduto e guadagnato dagli anni ’70 ad oggi.
In una sorta di radio libera, Sepe inserisce citazioni di Led Zeppelin, Deep Purple, Miles Davis, Mingus, Area, Osanna, Rino Gaetano, Sergio Endrigo ecc., ma il suo non è un semplice lavoro di patchwork: i brani formano un flusso intermittente muovendosi tra i generi secondo un filo logico critico e pensante.
Sepe fa da guida, suonando spesso anche il flauto, ed il risultato non è né pesante né pedante, anzi a tratti è esilarante, grazie al contributo di ben quaranta strumentisti che rendono l’insieme vivo e vivace. Come un intellettuale dovrebbe sempre essere.