Daniela Pes Spira
2023 - Tanca Records
Spira, opera prima della trentunenne di Tempio Pausania Daniela Pes, è insieme un tesoro e un reperto archeologico. Innanzitutto, perché Pes non è una ragazza agli esordi, sostenuta da una major e scoperta in uno dei mille talent show, ma una musicista matura, con una ricchezza di esperienze e premi vinti, in oltre dieci anni di attività, fra jazz e sperimentazione, in grado di portare a termine una gestazione composita, ricca di stratificazioni e ispirazioni. Poi, perché il mondo evocato da queste sette composizioni (che sarebbe riduttivo chiamare canzoni) è insieme contemporaneo e atemporale, atavico e futuribile, sperimentale e tradizionale, nel solco della migliore ricerca internazionale, dai Boards of Canada a Fiona Apple.
Da un lato, Spira attinge ai canti galluresi, evocandone in qualche passo la lingua misterica, ma dall'altro, con l'ampio uso di campionamenti e loop, proietta la voce di Pes in una dimensione spaziale, quasi onirica, complice anche la creazione di un linguaggio inedito, un esperanto che rende l'ascolto ancora più affascinante e ricco di sorprese.
Merito di Pes, del suo lungo lavorìo sulla propria vocalità, e sulla composizione di partiture in cui la creatività viene lasciata libera di spingersi oltre frontiere precostituite e imposte dal mercato; e merito di Jacopo Incani, alias Iosonouncane, suo conterraneo, che ha collaborato al progetto, producendolo e scrivendo con lei alcune tracce. L'alchimia fra i due artisti fa scaturire esiti ottimi: Pes fa da medium, per evocare, da regioni riposte della storia passata e futura, immagini e suggestioni, sovrapponendo strati armonici, per raggiungere una miracolosa compattezza. Si ascolti ad esempio, in Illa sera, l'interazione fra elettronica, percussioni etniche, cori, e la sua voce, a cucire il tutto, come l'oro con cui si creano i kintsugi.
Vena d'oro preziosa, anche in Ora, quando la voce si fa sussurro, sorretta da un organo alla Sigur Ròs, per recitare una sorta di mantra alla rinascita della notte, che accompagna la speranza che possa rinascere, ogni volta, anche la nostra "trista vita". Oppure in Arca, dialogo struggente fra chitarre, organo e voci, sospeso come una bolla iridescente nell'aria. O nella conclusiva suite di dieci minuti A te sola, sintesi dell'approccio visionario dell'artista, finalmente rivelatasi a noi, per affidarci il suo mondo sonoro. Da ascoltare rigorosamente con un impianto hi-fi, o con cuffie, per gustare appieno la potenza espressiva di un missaggio perfetto.
Non facciamocelo sfuggire: un esordio simile, così maturo e alto, è da custodire e valorizzare.