Cuong Vu 4tet Ballet: The Music Of Michael Gibbs
2017 - Rare Noise Records
La registrazione, ottima e dal vivo, proviene da un concerto fatto dal quartetto all’università di Washington all’interno di una due giorni in cui sono stati presentati alcuni brani di Gibbs con gli arrangiamenti orchestrali di una big band di studenti e, la sera successiva, con gli arrangiamenti del solo quartetto che possiamo ascoltare in questo disco.
E il fatto che il quartetto abbia lavorato molto su questi materiali è evidente dal primo ascolto: gli arrangiamenti non sono per nulla scontati e i musicisti evitano scorciatoie dovendo confrontarsi con brani spesso ben costruiti dal punto di vista armonico.
Si inizia con Ballet, il brano che da il titolo al disco. Il suono è spezzato e, inizialmente, gira su un pedale che, nell’arco di un paio di minuti, si trasforma in un walzer blues a cui prima la tromba di Vu e poi la chitarra di Frisell danno, col passare delle battute, sempre più sostanza sonora. Nel successivo solo vero e proprio l’andamento (vagamente debitore all’All Blues davisiana) si fa più deciso, nervoso e coinvolgente con la chitarra di Frisell che, dopo una prima parte elegante, ostenta suoni a tratti metallici, cangianti e pieni di risuonatori. Vu, da par suo non lesina fraseggi puliti, precisi e arditi come non è sempre facile ascoltare.
Anche Feelings and Things, la ballad successiva, ha vaghi echi davisiani (anche qui l’A Kind of Blues di Blue In Green) e belli sono gli incastri tra i due strumenti solisti con un Frisell intenso da par suo nel sostegno armonico al solismo preciso di Vu.
Blue Commedy, brano in origine registrato da Gary Burton con il suo quartetto nel 68, ha un bel tema che i due suonano in bell’unisono che sfocia prima in un elegante e sofisticato solo friselliano e poi in un solo in cui la tromba di Vo e la batteria di Poor giocano a contrastarsi con grande classe. La stessa che il contrabbasso di Bergman mette nel suo break.
And On The Third Day, dall’andamento inizialmente sospeso, acquista via via spessore tra armonici friselliani, scatti di accordi distorti, frammenti in unisono e una tromba che si libera leggera e potente sulle creative tessiture friselliane che vanno quasi a sfociare in momenti noise para hendrixiani pieni di sibilii elettrici.
La chiusura è ad appannaggio della delicata Sweet Rain in cui l’introduzione è a cura della chitarra di Frisell che sembra incontenibile nel suo gestire in maniera sempre diversa ogni frammento sonoro e melodico. Chiaro che con un Frisell in questa forma Cuong Vu possa permettersi di volare altissimo non solo in questo brano finale ma per tutta la durata del disco.
Francamente erano anni che non ascoltavo Bill Frisell suonare su disco con così tanta potenza e grazia. A suo agio nel proteggere e sostenere melodie come nell’incendiare con veemenza strutture e fraseggi. Un altro ottimo motivo per consigliare questo bel album che ha nella terza e quarta traccia un suo centro musicale di inusitata forza e bellezza.
Personnel:
Cuong Vu: trumpet;
Bill Frisell: guitar;
Luke Bergman: drums;
Ted Poor: bass.