Open<small></small>
Americana

Cowboy Junkies Open

2001 - UNIVERSAL / ZOE

06/10/2001 di Christian Verzeletti

#Cowboy Junkies#Americana

Ascolto i Cowboy Junkies dai tempi di "Trinity session", quindi potete immaginarvi la mia attesa per questo nuovo disco. Avevo letto tutte le anticipazioni trovate su varie riviste e mi ero abbastanza preoccupato a sentir parlare di jam chitarristiche, temendo per un brusco cambiamento di suono in seguito alla crisi che ha lasciato il gruppo canadese senza contratto dopo la fusione tra Polygram e Universal. Così, pieno di ansia e di attese, ho acquistato "Open", l´ho ascoltato quasi con timore, con quel rispetto devozionale che si tributa ad un oggetto caro, parte della memoria. C´è da dire che non è il miglior lavoro prodotto dai fratelli Timmins, ma le mie ansie da fan sono placate: le chitarre hanno sì uno spazio maggiore, ma rimangono comunque inseriti nel suono Cowboy Junkies. Tra l´altro guardando bene a ciò che la band ha fatto in passato, dal vivo ma anche in studio soprattutto con "Pale sun", mi viene il dubbio che questo presunto novità sia una forzatura dalla stampa. Ad un primo approccio, delle canzoni ("Dragging hooks" e "Dark hole again") di 7 minuti basate sugli andamenti della chitarra di Michael fanno pensare ad una precisa scelta, ma mi sembra che "Open" sia un album che ci riporta i Cowboy Junkies intatti e integri nel loro essere. Ormai esperti di tutte le difficoltà e i segreti che comporta un suono intensamente lento (e ogni musicista sa quanto sia difficile), i Cowboy Junkies aggiungono un altro tassello a quella che hanno fatto diventare una vera e propria estetica all´interno del rock (basti pensare a gruppi come Mojave 3, Spain e Low, per esempio). La voce di Margo ha l´incantevole flusso di sempre, porta con sè un lento scorrere di malinconici sguardi e carezze, sorge come un alba tra la nebbia, compare e scompare lasciando piccoli brividi ("1000 year prayer"). Non ci sono canzoni memorabili, ma tutto l´album fluisce nel suo insieme fino alla coscienza con una serie di onde, ora lente ora impetuose, che sempre arrivano cariche di riflessi. Il tema del tempo e dell´acqua che scorrono sono centrali ("Upon still waters") come già in passato e caricano di ulteriori suggestioni i brani. "Catturato di nuovo dal flusso della marea / a bocca spalancata / con il mare che entra / forse me ne starò qui a mollo / a vedere dove va a finire questo viaggio" ("Dark hole again").
Mettetevi semplicemente in ascolto e lasciatevi trasportare da questa corrente, in men che non si dica sarà il suo moto ciclico a far girare il vostro lettore.

Track List

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