Casasses I Comelade N´IX
2011 - Discmedi
Lui, Enric Casasses, è uno dei principali poeti e scrittori catalani. Animo inevitabilmente irrequieto, ha condotto una vita nomade per ritornare a Barcellona dove è nato nel 1951. Ha iniziato a pubblicare nel 1973, ed è un poeta performer che lavora sulla qualità espressiva dello spoken word e trova nei recitals e sui palchi la propria espressione più piena. L’altro è Pascal Comelade, musicista franco catalano geniale e non allineato, in grado di portare ad una sintesi personale ed eccitante le lezioni del minimalismo di Reich e Glass, del blues deviato di Captain Beefheart e della musica europea, dai This Heat fino al folk. Con i suoi toys instruments, e con l’aiuto prezioso dei musicisti della Bel Canto Orquestra, Comelade decostruisce e ricompone ogni genere di suono, dai brani di Wyatt, con cui ha collaborato, a Strawinskij fino ai brani di Tozzi e Cutugno. Un personaggio di nicchia, ma un maestro per molti: ad esempio, basti qui dire che, senza Comelade, il nostro Capossela sarebbe assai diverso.
Inevitabile che il secondo incontro tra questo genere di personaggi, preceduto da La manera més salvatge (2006), generi una killer application, nonostante il materiale proposto in N’IX sia costituito in parte da tracce escluse dal lavoro precedente, ed in parte registrato live al Teatre Principal di Sabbadel nel maggio 2010. Al disco si aggiunge inoltre anche un DVD con le riprese dello stesso concerto ed un documentario per la televisione francese. Sarà la solita roba, ma quanto ben di iddio! Comelade mette al servizio della vocalità di Casasses tutta l’argenteria di famiglia, e continua, a colpi di polke patafisiche, haiku pianistici, cabaret galattici e rocknroll immaginari, ad inseguire il proprio sogno, la musica da ballo per music hall psicotici, accompagnato da un poeta col cilindro in testa e da un gruppo di musicisti con strumenti giocattolo.
La declamazione ruvida e i versi potenti di Casasses si sposano magicamente a musette (Vals Burlesco), tanghi notturni accompagnati da clarinetti klezmer (Petita Escena Nocturna), minimalismo di latta (Epicur, Sentencia 33), punk blues allucinati (I en sortim vius, Desprès), ritmi da balera delicati ed ubriachi come La paraula aquesta de la fantasia, che poi scivolano in un frammento di La cancon de lladre. Formidabili tiri all’incrocio dei pali sono El vers d´abans-d´ahir, accompagnata dalla Banda Els Companys de Ceret, e le cover inusitate di Stones (Under My Thumb) e di Captain Beefheart (la musica di Disset Annys altro non è che Drop Out Boogie). Ma sopra tutto spiccano Europe Change Bad, unico brano in parte declamato in inglese, e Per Sant Marcal!, due minuti di perfezione tesissima e potente dopo di cui restano due cose sole da dire.
La prima: questi sarebbero gli ospiti stranieri che potrebbero restituire forza al Premio Tenco, piuttosto delle sciape apparizioni delle ultime edizioni.
La seconda: andate a cercare questo disco, un disco imperdibile per gli amanti della canzone d’autore, per gli ascoltatori più deviati del rock e per tutti coloro che preferiscano il rischio della curiosità alla tranquillità della consuetudine.