Carlon Melton Photos Of Photos
2012 - Agitated Records
I californiani Carlton Melton, al loro terzo lavoro, suonano space rock o rock psichedelico tra chitarre che si moltiplicano con infiniti loops e folli drone: tutto dal vivo, tutto fuori dalle regole che suggeriscono di registrare partendo da qualche base o da qualche idea; tutto con una intenzione che è qualcosa di più di una semplice idea. Un viaggio psichedelico ricercato sin dal luogo e nelle modalità di registrazione. Suonare live, forte, improvvisando sperimentalmente brani psichedelici strumentali all’interno di una cupola geodetica (casa di Brian McDugal componente del 5tetto e responsabile delle registrazioni fatte tra analogico e digitale) è un punto di arrivo di un processo, anche di discussione tra i musicisti, che dura da anni. Un punto di arrivo e di partenza! E i risultati lasciano spiazzati perché si sente l’intenzione e si sente come questa sia stata portata alle sue estreme conseguenze… con tutti i suoi limiti.
Le sei lunghe jam di cui è costituito questo Phopos Of Photos (e a cui non sono estranee le ben note visioni Kraut) vanno dai 7 minuti della sospesa title track agli oltre 22 minuti di Adrift e non vedono quasi mai suonare la stessa formazione. A garantire poi una ulteriore alternanza dinamica il fatto che spesso i musicisti suonino strumenti diversi a seconda dei brani.
Si inizia con Nor’easter e ci aspettano 12 minuti di cavalcata elettrica con echi pinkfloidiani nel lavoro delle chitarre nella parte centrale che sembrano far capolino anche in Space Treader, terza traccia del disco, piena delle tre chitarre di Andy Duval, Rich Millman e dell’ospite John McBain (mentre la batteria di Clint Golden segna appena il tempo).
Ma dire echi pinkfloydiani, cari lettori, è naturalmente dire una fesseria se non si specifica a cosa ci si riferisce. Ebbene, dire che ci si riferisca ad uno spazio/idea sonora che va da Intersellar Overdrive ai frammenti gilmouriani di Shine On Your Crazy Daimond o Have A Cigar/Welcome To Machine, saltando quasi tutto il resto, potrebbe essere una indicazione più precisa!
Wingspan, con i suoi delay che pampottano ritmicamente, parte benissimo ma tende ad affossarsi un po’ ben prima della conclusione del brano e del rivitalizzante uso dei reverse loops del finale. Adrift ha un avvio che è sicuramente una delle vette del lavoro ma i suoi più di venti minuti mi paiono a volte un po’ troppo lunghi. La conclusiva Smoke Drip pare cercare di mettersi in contatto direttamente con stelle lontanissime in una sorta di viaggio mentale pieno di luccicanti riflessi sonici. È questo, a mio parere, il brano più lisergico e forse il migliore del lotto: con le chitarre ad entrare feroci su un tappeto sonoro compatto cui sgocciolii elettronici donano non poco.
Il disco, come avrete capito, pur essendo interessante non è un capolavoro e spesso i nostri sembrano un po’ farsi prendere la mano ma questo è il bello e il brutto di questa consapevole scelta: prendere o lasciare. Si consiglia quindi a appassionati, o ad appassionabili, ad intensi viaggi interstellari.