Califone Villagers
2023 - Jealous Butcher Records
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Villagers, seconda pubblicazione consecutiva della band di Chicago su Jealous Butcher Records, non lascia spazio a equivoci: pochi merletti e idee chiare. Sin dall’uscio in sala prove è già lectio magistralis: per altri, un wishful thinking dai contorni utopistici; per Tim Rutili e soci, mero esercizio di collaudo, non meccanicamente inteso, bensì slanciato stream of consciousness, straordinariamente accinto a centrare il bersaglio.
Rispetto al precedente atto, lo struggente e fragilissimo Echo Mine del 2020 (dallo spaccato rarefatto, minimale, che ne aveva anche sancito il passaggio a Jealous Butcher, dopo annate di Dead Oceans), qui torna in auge una matrice più roots (Skunkish, così riflessiva ma anche lesta nell’accogliere qualche ricciolo di blues) e sperimentale (una Mcmansions sugli scudi: sussulti di corde pizzicate in ossequio allo strumento, suggestiva anticamera di impazzate elettrificate e interferenze a bassa tensione).
Molti dei pezzi baloccano in sogni, diapositive rallentate, e gli occhi ne son rapiti. Ancora ormeggi a fidate mete, incanti e tuffi al cuore; offrono il timbro gracile e sofferto del cantato di Rutili, l’anelata decompressione in coda a notti di bagordi (come per Jeff Tweedy, come per Grant-Lee Phillips, la missione è sempre quella: ammansire il turbamento). Che poi è il senso in copertina: nastri, oggetti, spillette e portachiavi, caucciù, dadi e tanta ruggine. I ricordi in cantina, i cocci in raccolta. Lo sanno bene i Wilco, e i Califone appresso, che a squarciare l’anima tanto basta, alla ricerca sempre di imbeccate e soluzioni: delle volte si alza il vento di rullanti spazzolati (Ox-eye), poi di nuovo classe, e lì si va a memoria, quando è automatico il pilota in un incedere sbilenco, e al punto chiave i fiati, fin lì sedati, che sospingono il refrain (Comedy).
Ancora appetiti, qua e là sospesi, appagati in sequela, dove il meglio lo si dà a marce basse (Halloween, Eyelash). E con le stesse, a estasiare, si immola Sweetly, esemplare scarno ed essenziale con i crismi da torch song. Strutture all’osso, look asciutto, lacrime a rigare volti.
Cosa resta quindi? La fuliggine di ricordi in copertina, aliti a cacciarla in nube, mani a spolverarla. Il sigillo di una band ad un decoro ormai smarrito.
E restano loro, i Califone di sempre, custodi e amanti di buon gusto ed eleganza.