Majakovskij!<small></small>
Italiana • Canzone d`autore

Arlo Bigazzi - Chiara Cappelli Majakovskij!

2020 - Materiali sonori/Zona

17/10/2021 di Ambrosia J. S. Imbornone

#Arlo Bigazzi - Chiara Cappelli#Italiana#Canzone d`autore #Majakovkij

Questo è un lavoro prezioso, nettamente multimediale, anzi transmediale, con un libro, che comprende anche brevi graphic novel, e un doppio disco, relativi a quello che è anche, ovviamente e soprattutto, uno spettacolo teatrale, una “cantata per Vladimir Vladimirovic”; non manca neanche un sito, che tra musica, parole e video documenta e racconta lo spettacolo stesso. Nell'album troviamo i monologhi accompagnati dalla musica, ma anche i pezzi in versione strumentale; Chiara Cappelli (voce narrante e theremin, diplomatasi all’Accademia Nazionale del Cinema di Bologna e alla scuola Percorsi d’Attore di Roma, con alle spalle collaborazioni ad es. con la compagnia Ciurmastorta Teatro, Blanket Studio, collettivo di produzione cinematografica indipendente, e con la stessa Materiali Sonori) e Arlo Bigazzi (basso elettrico e acustico, programming; tra i fondatori dell’etichetta discografica Materiali Sonori, ha collaborato, prodotto album e realizzato progetti con nomi come Diaframma, Alexander Robotnick, Novalia, Roedelius e Fabio Capanni, Claudio Chianura e Lance Henson, Pier Luigi Andreoni, Roger Eno e Blaine L. Reininger, La Banda Improvvisa, Enrico Fink, Cantierranti, Carlo Monni, Alessandro Benvenuti) non sono ovviamente da soli, ma con loro vi sono Mirio Cosottini (tromba e flicorno; ha suonato con David Riondino, Stefano Bollani, Zeena Parkins, Frank Shulte, Elliot Sharp, ecc.), Francesco Frank Cusumano (chitarre) e Lorenzo Tommasini (tastiere, programming; ha collaborato con nomi come Cristina Donà, Gianni Maroccolo, Ginevra Di Marco, Hector Zazou, Carmen Consoli e Francesco De Gregori), così come ospiti come Blaine L. Reininger (Tuxedomoon, al violino), Massimo Liverani (theremin), Mirko Guerrini (sassofono tenore e soprano; già collaboratore di artisti come Stefano Bollani, Giorgio Gaber, Ivano Fossati, John Taylor, Caetano Veloso, Enrico Rava, ecc.), Michele Marini (sassofono alto; già al fianco di Riccardo Tesi, Ellade Bandini, Gabriele Mirabassi, Fabrizio Bosso, ecc.), Marco Furelli (chitarre), e, dulcis in fundo, Guido Guglielminetti (basso fretless, il celeberrimo "capo banda" e produttore di De Gregori, che ha suonato anche con Lucio Battisti, Ivano Fossati, Umberto Tozzi, Mia Martini, Luigi Grechi e Giovanna Marini).

Il progetto è dedicato alla figura di Majakovksij, ma al di là dei cliché su un intellettuale al di fuori di ogni cliché: non viene qui presentato infatti come poeta della rivoluzione, ma se ne immagina e ripropone, a seguito di attenti studi e con molti suoi versi, la sua immagine più privata, la sua vita di bambino e ragazzo, tra la perdita del padre, che segnò sulla sua fronte una ruga indelebile, l’incontro con l’arte e le idee dirompenti. Certo, “entrò nella rivoluzione come se entrasse in casa propria”, “con la voglia di distruggere e ricominciare tutto da capo”, ma “gli serviva qualcosa di più della Rivoluzione”, che forse non trovò mai, nella sua “infinita rincorsa”. Come osserva nel volume il noto slavista Fausto Malcovati (docente di Letteratura e teatro russo), “nel torrente trascinante della sua lirica inarrestabile, spesso risuonano note inattese, dolenti, malinconiche: come se nell’apoteosi del nuovo ci fosse il tarlo di un’infelicità che si nasconde e rode”. L’immagina di Majak viene allora qui programmaticamente svecchiata, poiché l’intento è di immergersi e immergerci in un contesto non solo socio-culturale, ma anche generazionale, e di ricostruirne la figura “sì, fiera e dirompente ma anche intima e fragile, come può essere proprio un ragazzo a vent’anni”, scrive Chiara Cappelli.



scatto di Dario Nigredo dallo spettacolo all'Experimenta Festival di Terlizzi (BT)

In questo progetto completo e coinvolgente, in cui gli accompagnamenti musicali si presentano grandiosi ed eclettici, si parte con suoni vagamente sinistri, ma anche avvolgenti, rievocando nel prologo il funerale dello scrittore, con una “massa sterminata” di persone che si rovesciava per le vie e i vicoli laterali, un caos che fece sussurrare a qualcuno un “Non riesce neanche a morire, senza far casino…”, “l’odore penetrante dei fiori”, i discorsi degli uomini della nomenclatura, in un “pezzo di vita pulsante / in una delle sue manifestazioni più alte”. Vediamo la folla, i volti, le bandiere, il feretro e persino le scarpe J. M. Weston di Vladimir, numero 46, che non entravano nella bara, anche nel graphic novel senza parole Era Primavera (come un film muto) di Monica Zeoli, inclusa appunto nel libro.

Poi si ascoltano chitarre visionarie e un po’ anni ’90, momenti di grandi intensità, o di piccoli suoni scintillanti, fiati jazzati o comunque sempre eleganti, sfondi eterei e vaporosi di synth per raccontare l’infanzia del poeta, nato a Baghdati, “un paesello costruito sulle sponde di un torrente di montagna”, o ritmi irregolari e cangianti per i primi arresti, a partire da quello in una tipografia clandestina a soli quindici anni. Cambiano nelle varie tracce anche il tono e la modulazione stessa della voce di Chiara Cappelli, che ha tradotto le poesie di Majakovskij dal russo (i commenti e il profilo biografico-esistenziale del poeta sono invece sono di Arlo Bigazzi): se quando racconta appare più dolce, diventa più impetuosa per i versi ironici e dirompenti dell’artista, per quelle parole che “scendono lievi, feroci, dense, amate, magiche, sorprendenti, affascinanti come il suono che emettono”, come osserva il critico musicale e scrittore Mirco Salvadori nel suo intervento nel volumetto.

Il ritmo talora prende persino un passo reggae/rocksteady; si apprezzano inoltre bassi scuri, eppure al contempo brillanti e in bell’evidenza, incisivi come il sei corde di Dal carcere, oppure un’elettronica tesa con ricami di cristallo di theremin, che altrove diventa impalpabile, o quasi giocosa. La musica infatti segue attentamente le atmosfere dei testi e quindi la biografia e la parabola del poeta, le sue parole di rottura, il suo irrompere sulla scena letteraria e sociale e il suo modo di sconvolgere le regole di una borghesia modesta e perbenista, ossessionata dall’idea di decoro, i suoi guizzi, le sue intemperanze e speranze, tra la passione come un “dirupo scosceso” e la guerra tra le cui “dita” la sua generazione si ritrovò “senza capirla ma senza temerla”, eppure con una domanda: “Per cosa combattiamo?”. O meglio: “Per CHI combattiamo?”.



Ancora nel disco abbiamo suoni notturni e fumosi, oppure rallentamenti intimi, malinconici e intensi, come in Per una signorina, in cui si ricorda che Vladimir Vladimirovic “amo moltò”, “con spasmi, convulsioni, singhiozzi da passo o da ubriaco”, “dai tetti rabbiosi, dai boulevard di prostitute, / tra i miraggi e i deliri della città”.
Nelle versioni strumentali dei brani ci si possono gustare ancora di più i violini, i sax e in generale i fiati seducenti, enigmatici, fantasiosi, soffusi, struggenti, oppure quasi sinistri; ci si immerge nella forza evocativa anche autonoma di chitarre languide, synth sognanti, sonorità jazzate che sembrano figlie di una scoppiettante e raffinatissima jam session, le atmosfere sospese, palpitanti, sinuose e ricercate.

Vladimir Vladimirovic si scagliò contro la tradizione, contro le “liriche da barboncini” e la “noia del classicismo”, con il “pathos del sovversivo” e “la certezza dell’inevitabile crollo del vecchiume”, atteggiamenti condivisi con l’amico poeta David Burljuk; il ragazzo che “non scelse di fare il rivoluzionario di professione”, ma preferì “seguire l’arte e studiare pittura”, voleva “cassare gl’inutili legacci del passato” e la “noia sonnolenta del banale”; voleva “sognare e rincorrere un’utopia”, ma “non era di ferro per niente”: “per questo era un poeta”. Amava “il lavoro, le donne […] il gioco – d’azzardo – i suoi compagni”, amava, amava “l’aria che respirava. Viveva”, per cui “non parleremo della sua morte”. E questo lavoro, tra la voce di Cappelli e i “paesaggi sonori” di Bigazzi, ci restituisce proprio l’immagine viva di “chi parlava ai vivi da vivo, a voce alta, in un sentimento assoluto di appartenere al mondo senza essere al soldo di nessuno”, come sintetizza lo scrittore Francesco Forlani nel suo intervento.

Ritroviamo comunque alcune delle ultime parole dello scrittore, tratte dalla sua lettera di addio (“La barca dell’amore si è spezzata contro il quotidiano […] La vita e io siamo pari”) nel testo di Malcovati, mentre la riporta per intero Riccardo Cecchetti nel suo graphic novel Non fate pettegolezzi (“Il defunto non li poteva sopportare”, scriveva infatti il poeta sempre nel suo ultimo messaggio). Nelle tavole, tra chiaroscuri violenti e l’irruzione del rosso tra il bianco e nero, si rappresenta il proprium della poetica di Majakovkij e della sua delusione, riportando anche gli ultimi interventi del poeta prima della morte, avvenuta il 14 aprile 1930. Nelle immagini non manca neanche l’amata Lilja Brik, anche per come la raffigurò Alexander Rodchenko in una sua celeberrima foto e manifesto, in cui l'attivista gridava solo "Libri!".



Oggi forse lo scrittore si sentirebbe a disagio, avvertirebbe “aria di restaurazione”, di “stagnazione e stanchezza”, immagina Mirco Salvadori. I poeti “non cambiano il mondo”, si legge nella prolusione del libretto, ma un poeta “indaga, azzarda, interroga”, “affila domanda” e pretende risposte; oggi Majak noterebbe probabilmente “una società pietrificata dal mantra della crescita capitalista”, un’ “ingiusta ripartizione delle risorse, / l’imbarbarimento di valori e stili di vita, / l’assurdo, osceno squilibrio di un consorzio umano / diviso in pochi privilegiati e una moltitudine di pezzenti”, situazioni che dovrebbero fare molto più paura di “migranti” e “zingari”. Perché siamo diventati “la parte peggiore” di noi stessi, “individualisti, cinici, bellicosi”. E allora, nella portata innovativa delle sue idee e dei suoi ideali, Majakovkij ci guarda ancora a distanza, perché, come recita il testo di Arlo Bigazzi, è arrivato lontano, “molto lontano dal nostro tempo. E in qualche luogo, dietro qualche angolo, gli toccherà aspettarci ancora a lungo”.

Track List

  • CD1
  • Prologo
  • Saro` nuvola in calzoni
  • L`infanzia
  • Sciumiki
  • I bambini nascono uguali
  • I giovani
  • Dal carcere
  • La nostra marcia
  • Leggeva libri
  • La notte
  • Continuo` a scrivere
  • Ne risponderete!
  • La blusa gialla
  • Ma voi
  • Amo` molto
  • Per una signorina
  • Ascoltate!
  • Epilogo
  • CD2 (instrumental versions)
  • Come le nuvole e il vento
  • Saro` nuvola in calzoni
  • Leggeva libri
  • Ma voi
  • Era primavera
  • Baghdati
  • L`infanzia
  • I giovani
  • Per una signorina
  • Dal carcere
  • Ascoltate!
  • La nostra marcia