Encore<small></small>
Jazz Blues Black • Soul

Anderson East Encore

2018 - Low Country Sound/Elektra

30/01/2018 di Pietro Cozzi

#Anderson East#Jazz Blues Black#Soul #Anderson East #Dave Cobb #southern soul #rhythm`n`blues


Faccia pulita, grandi ambizioni, uno spazio di prima fila nei negozi di dischi e gli ascolti su spotify che crescono in modo incoraggiante: tutto sembra indicare che questo ragazzone dell'Alabama ha un gran futuro davanti. Un gran futuro ma idee molto chiare fin da oggi. La voce ad Anderson East data Madre Natura, ma tutto il resto è studiato nei dettagli. L'adesione ai modelli del soul più classico (Otis Redding, Wilson Pickett, ma ognuno può aggiungere il suo nome alla lista), il suono potente e lucidissimo che fluisce placido come un fiume del Sud, gli arrangiamenti studiati a puntino che chiudono ogni spazio sonoro. Si ascoltino l'organo che fa da propulsore, la chitarra che emerge in superficie e dà il suo contributo, i coretti onnipresenti, i fiati precisi al millimetro, coadiuvati quando serve da un rilucente rivestimento d'archi (All On My Mind). Dove necessita, ecco una spruzzata di gospel, che gli viene dall'eredità del nonno pastore battista, ma non si scarta neppure qualche malizia pop.

East ha poco più di trent'anni ed è di fatto al suo secondo lavoro, ma sembra già un veterano del southern soul e del rhythm'n'blues, il percorso sonoro che ha deciso di imboccare con convinzione. Questo Encore segue al ben accolto Delilah e lascia ancor meno dubbi in proposito. Davanti a noi c'è un cultore e uno spassionato ammiratore del genere, del cui canone e della cui “hall of fame” aspira assolutamente a far parte, un “manierista” (definizione da intendersi nel più nobile modo possibile) che sa benissimo da quali modelli artistici andare a pescare per aggiungergli potenza e magniloquenza, complice il produttore Dave Cobb. Come per ogni maniera, c'è ovviamente il rischio di perdere qualcosa in personalità e originalità, ma questo lo potremo verificare solo cammin facendo, perché per ora possiamo soltanto applaudire l'ottimo livello già raggiunto. Magari concentrando l'attenzione, su Encore, non tanto sulla confezione quanto sull'interpretazione, sulla voce, che è capace di evoluzioni sorprendenti, alternando performance stilisticamente e tecnicamente inappuntabili, improvvise raffiche di ritmo e sudore, e ballate dove rivela un bagaglio importante di sfumature timbriche.

Un amico ha scritto che questo disco ricorda un'epoca in cui “le canzoni avevano il peso specifico del bronzo”. Verissimo. La prova certa di questo è quando non riesci a farle stare in sottofondo, ed emergono con prepotenza: difficile rimanere indifferenti a pezzi come la piacevolissima King For A Day (che riecheggia People Get Ready), This Too Shall Last, con la sua bella esplosione emotiva nel ritornello, o la pompatissima Girlfriend, già prontissima per il mainstream e le classifiche. Ma l'anima più vera di East risplende soprattutto dove l'atmosfera si fa decisamente torbida e agitata, e può spremere al meglio le sue qualità canore, e qui Surrender spicca su tutto il resto insieme al sontuoso affresco di Somebody Pick Up My Pieces (di Willie Nelson). Oppure nelle ballate, dove East appare assolutamente intimo e credibile, e forse anche un filino meno calligrafico. House Is A Building culmina in un breve assolo di sax che è una ciliegina sulla torta. If You Keep Leaving Me è un tempo dispari che ti culla alla grande e si risolve un “pieno” strumentale e sonoro da antologia. E se archi e organo cospirano alla grande in Without You, bastano un piano e poco altro per svelare, in Cabinet Door, lo spirito profondamente intriso di spiritualità gospel del nostro. Che di tempo davanti ne ha tantissimo per sporcarsi un po' le mani e crescere ancora di più.

 

Track List

  • King For A Day
  • This Too Shall Last
  • House Is A Building
  • Sorry You`re Sick
  • If You Keep Leaving Me
  • Girlfriend
  • Surrender
  • All On My Mind
  • Without You
  • Somebody Pick Up My Pieces
  • Cabinet Door