Anais The Belle of Amherst
2023 - Viceversa Records / Marsiglia Records / Audioglobe
Emily Dickinson (Because I Could Not Stop for Death), in cui i versi della poetessa erano stati musicati e suonati in studio da Franco Zaio e la melodia adattata alla propria tonalità e cantata da Francesca Pongiluppi. Poi il video del brano I Am Nobody era stato selezionato dal Museo Emily Dickinson di Amherst per aprire il webinar celebrativo del 190º anniversario della nascita della poetessa. Grazie alla collaborazione con vari artisti provenienti da diverse parti del mondo, erano stati realizzati anche oggetti e prodotti vari a tema Emily Dickinson (videoart, collage, borse e t-shirt), per veicolare “un messaggio importante, ovvero il racconto semplice ed immediato con una società complessa come quella dell’America di metà Milleottocento, di una donna realmente fuori dagli schemi”. Infine, il cerchio si chiude appunto con il disco The Belle of Amherst, con sette tracce (e una ghost-track) ancora dedicate ai versi della poetessa americana.
Questa volta la scrittura è stata più corale con chitarra, cajon e voce, su cui si è imperniata la melodia per i versi delle poesie prescelte. Si parte con uno shoegaze con riff umbratili (Bind Me), per poi proseguire con la delicatezza di una dimensione semiacustica delicata, malinconica e sognante, tra trame minimali di chitarre acustiche e melodie vocali eteree; la voce di Pongiluppi ammanta di intima dolcezza anche le inquietudini di una “Celeste Piaga”, di cui non troviamo la cicatrice, ma che è il “Sigillo della Disperazione” (“the Seal Despair”, Slant of Light).
Si torna a riff più cupi e si ascoltano innesti elettronici (affidati a Mattia Cominotto, che ha curato la produzione artistica del lavoro con il trio) per parlare della “piccola Rosa” che nessuno conosce e per cui è facile morire (Little Rose). Lievi distorsioni impreziosiscono invece I Heard a Fly, a rievocare il ronzio della mosca che nei versi si immagina di ascoltare mentre si muore e si fa testamento dei propri ricordi:
“With Blue - uncertain - stumbling Buzz -
Between the light - and me -
And then the Windows failed - and then
I could not see to see -”.
La canzone mantiene un passo comunque leggero e impalpabile, senza assumere coloriture drammatiche.
La tematica amorosa apre e chiude circolarmente il disco: si inaugura l'album infatti con il sentimento ineluttabile cantato in Bind Me; tale brano, però, sembra anche un inno alla poesia e al canto, che nulla può fermare, come nel caso del cantore Orfeo fatto a pezzi delle Baccanti di Dioniso, che continuava a cantare, in un mito di morte e rinascita. Il lavoro si conclude invece con Heart, che risuona come un invito solenne e insieme intimo al proprio cuore a dimenticare l’amato, il calore che dava e la sua luce; in questo monologo, scandito da sonorità essenziali e impalpabili, si dice anche al proprio cuore di fare in fretta, prima che riemerga la forza e il potere del ricordo.
L’addio (o l’arrivederci?) a Emily Dickinson si celebra infine con una traccia-fantasma spoken dalle sonorità quasi sacrali, per riflettere sui misteri del cosmo, della fisica e soprattutto dell’esistenza, su cui la poetessa sperava di trovare una soluzione lassù, dove e quando “l’Algebra sarà più facile”: magari avrà capito cosa la sconcertava, “Why Heaven did not break away - And tumble - Blue - on me -”. E così, in questo incanto prezioso, tra atmosfere rarefatte, il trio si congeda dagli ascoltatori, concludendo appunto questo disco, ennesimo regalo di bellezza e profondità fuori dal comune, fuori da un tempo spesso chiassoso, patinato o volgare.
Gli Anaïs, ora diventati un trio, composto da Francesca Pongiluppi (voce, cori, glockenspiel), Mauro Ghirlanda (chitarre) e Guido Zanone (cajon e percussioni), chiudono con un nuovo disco il ciclo di canzoni che musicano poesie di Emily Dickinson; si tratta di un connubio iniziato fin dagli anni Novanta, proseguito poi con la pubblicazione del cd Questa volta la scrittura è stata più corale con chitarra, cajon e voce, su cui si è imperniata la melodia per i versi delle poesie prescelte. Si parte con uno shoegaze con riff umbratili (Bind Me), per poi proseguire con la delicatezza di una dimensione semiacustica delicata, malinconica e sognante, tra trame minimali di chitarre acustiche e melodie vocali eteree; la voce di Pongiluppi ammanta di intima dolcezza anche le inquietudini di una “Celeste Piaga”, di cui non troviamo la cicatrice, ma che è il “Sigillo della Disperazione” (“the Seal Despair”, Slant of Light).
Si torna a riff più cupi e si ascoltano innesti elettronici (affidati a Mattia Cominotto, che ha curato la produzione artistica del lavoro con il trio) per parlare della “piccola Rosa” che nessuno conosce e per cui è facile morire (Little Rose). Lievi distorsioni impreziosiscono invece I Heard a Fly, a rievocare il ronzio della mosca che nei versi si immagina di ascoltare mentre si muore e si fa testamento dei propri ricordi:
“With Blue - uncertain - stumbling Buzz -
Between the light - and me -
And then the Windows failed - and then
I could not see to see -”.
La canzone mantiene un passo comunque leggero e impalpabile, senza assumere coloriture drammatiche.
La tematica amorosa apre e chiude circolarmente il disco: si inaugura l'album infatti con il sentimento ineluttabile cantato in Bind Me; tale brano, però, sembra anche un inno alla poesia e al canto, che nulla può fermare, come nel caso del cantore Orfeo fatto a pezzi delle Baccanti di Dioniso, che continuava a cantare, in un mito di morte e rinascita. Il lavoro si conclude invece con Heart, che risuona come un invito solenne e insieme intimo al proprio cuore a dimenticare l’amato, il calore che dava e la sua luce; in questo monologo, scandito da sonorità essenziali e impalpabili, si dice anche al proprio cuore di fare in fretta, prima che riemerga la forza e il potere del ricordo.
L’addio (o l’arrivederci?) a Emily Dickinson si celebra infine con una traccia-fantasma spoken dalle sonorità quasi sacrali, per riflettere sui misteri del cosmo, della fisica e soprattutto dell’esistenza, su cui la poetessa sperava di trovare una soluzione lassù, dove e quando “l’Algebra sarà più facile”: magari avrà capito cosa la sconcertava, “Why Heaven did not break away - And tumble - Blue - on me -”. E così, in questo incanto prezioso, tra atmosfere rarefatte, il trio si congeda dagli ascoltatori, concludendo appunto questo disco, ennesimo regalo di bellezza e profondità fuori dal comune, fuori da un tempo spesso chiassoso, patinato o volgare.