Allison Run WALKING ON THE BRIDGE (OPERA OMNIA 1985-1990)
2020 - Spit/Fire/ Spittle Records/ Goodfellas
Personaggio tra i più ispirati e carismatici della nostra scena underground, l’artista pugliese, brindisino per l’esattezza, ostenta un percorso musicale fatto di tappe imprescindibili che nel corso degli anni hanno lasciato un segno indelebile e sostanziale per le generazioni future di musicisti.
Un percorso considerevole che passa attraverso produzioni artistiche (Baustelle, Dente, Virginiana Miller), progetti solisti e non (Lula, Lotus, Betty’s Blue) e che affonda le sue radici negli anni ottanta proprio con gli Allison Run.
Gli Allison Run erano un gruppo di amici di Brindisi incontratosi a Bologna, nati per caso per la voglia e il desiderio di un giovanissimo Verardi di suonare assieme a due sue concittadini: Alessandro Saviozzi e Stefano Vitali alias Mimo Rash già membri dei Trash, fondamentale band brindisina punk/ new – wave attiva a cavallo tra i ’70 e gli ’80.
“Walking on the Bridge” è un box set, composto da tre dischi, con il quale possiamo ripercorrere i cinque anni d’attività dell’emblematica band psichedelica italiana, dalla primissima formazione del 1985 al definitivo scioglimento del 1990, raccogliendone l’intera discografia. Un lavoro con il quale celebrare il fondamentale ruolo degli Allison Run tra i maggiori rappresentanti della scena underground italiana del periodo.
Un tuffo nel passato, un’immersione onirica tra ballate psycho – pop in cui Verardi e soci dipingevano soavi quadretti di tenera neo psichedelia dal sapore british. Composizioni che trovavano ispirazione tanto nella spiritualità dei primissimi Pink Floyd quanto nelle sonorità degli Smith, come testimoniano le produzioni ufficiali della band, lavori che ne hanno fatto l’unico gruppo italiano, di quel periodo, apprezzato dalla critica inglese. “All Those Cats in the Kitchen”, il mini lp d’esordio che si contraddistinse nel panorama rock dell’epoca portando una vera e propria ventata di aria fresca, mostrando un Verardi ispirato nella composizione supportato, in alcuni casi, perfettamente anche da Saviozzi e Vitali, così come da Umberto Palazzo (Massimo Volume, Il Santo Niente) in “Yellowish”, entrato poi successivamente nella line – up della band.
Così come l’omonimo secondo mini lp e il primo ed unico album sulla lunga distanza “God Was Completely Deaf”, non fanno altro che confermare la vena stilistica della band brindisina consolidandone le doti. “God Was Completely Deaf”, ad esempio, rappresenta il miglior esempio di pop figlio della psichedelia inglese mai regalatoci da un gruppo italiano, uno dei lavori più incantevoli dell’underground italiano targato anni 80. Un disco che presenta una sorprendente omogeneità considerando le svariate influenze che lo attraversano e della varietà di strumenti utilizzati, spazzando così via ogni dubbio sullo spessore assoluto degli Allison Run. L’album vede anche il ritorno di Umberto Palazzo al basso e l’ingresso di Sado Sabbetta alle tastiere.
“Walking on the Bridge” non si limita solo alla discografia ufficiale, ma va oltre regalandoci rarità, demo e perle sparse della band comparse su raccolte o tributi vari. Tre ore e mezza di musica strabiliante ritrovata e catalogata in un lavoro discografico all’altezza delle aspettative. Troviamo brani come “Milk Is Set in the sky” comparso nella compilation “Eighties Colours Vol.2”, “The Perfect Ecstatic Balance” un 7” ep allegato alla rivista “Vinile” e la cover di “Ceremony” dei Joy Division apparsa in un tributo alla band di Manchester. I tre dischi includono anche una testimonianza live di un concerto tenutosi a Brindisi nel 1988 e diverse demo di brani comparsi successivamente nella discografia ufficiale ed altri invece che sarebbero dovuto finire nel nuovo album della band ma mai concretizzandosi, riutilizzati invece da Verardi nel suo primo disco solista, “Morgan”.
Nelle composizioni degli Allison Run la magia del suono insegue melodie istintive ed ipnotiche, cullate da inconsuete sonorità influenzate dalla psichedelia dei sixties britannica (Beatles, Kinks, i Pink Floyd del periodo Barrett), ma anche da artisti contemporanei come Robyn Hitchcock e Julian Cope o dal post – punk meno cupo, rimandi che il gruppo ha saputo dosare con gusto e spontaneità. Brani che per la loro espressività portarono la critica di allora a considerare Verardi come il “Barrett italiano”.
La storia degli Allison Run va, per forza di cosa, conosciuta, assaporata e divulgata. È fondamentale recuperare quel breve ma imprescindibile tassello musicale della nostra scena musicale passata che questa band ha rappresentato, e “Walking on the Bridge” fa proprio al caso nostro. Un lavoro in cui perdersi piacevolmente.