Alfabox Alfabox
2014 - Matteite / Audioglobe
Dentro questo nuovo lavoro, gli Alfabox raccontano le loro vite, le loro serate, la gente che incontrano, ciò che piace e ciò che non piace, la rabbia, la delusione e tutto quello che di più quotidiano riuscite ad immaginare, come una città assuefatta all’abitudine, dove la monotonia regna sovrana. L'album appare così critico da un lato e “pop-olare”, nel vero significato del termine (cioè del popolo inteso come l’insieme di tutti i cittadini o le persone a cui è rivolto) dall’altro.
Si tratta, certamente, di un disco dall’impronta punk, col basso di Aspetta e spera che urla insoddisfazione (Ormai è troppo tardi) in maniera agitata; La nostra primavera araba è, anche questa, una canzone punk, volutamente sporca, cantata e suonata tutta di pancia, come se non ci fosse più tempo, come se tutto fosse urgente (- e lo è!).
Tuttavia man mano che si va avanti nell’ascolto i toni si abbassano e gli Alfabox creano melodie molto vicine all’electro wave, più orecchiabili ma non per questo meno spiazzanti (Ghiaccioli). La mia città, ma anche Prima di dormire, sono brani che, in qualche modo, legano sia il punk che il rock e il pop unito ad una buona miscela elettronica. Sporca (ma questo è l’effetto voluto della presa diretta), cruda e leggermente vintage – in quanto ricorda una canzone di fine anni ottanta - suona Miracolo italiano, mentre considerazioni opposte suscita la canzone che chiude l’album, La vacanza è finita: appare british, per un certo verso, radiofonica quando basta, veloce e devastante. Siamo soli nel cosmo o qualcuno ci sta guardando?
Si tratta di un disco diretto, come un grido di sfogo: sa spiazzarti e sa farti ragionare così come sa essere paranoico e giocoso nello stesso momento. Gli Alfabox, attenti osservatori di questo mondo, raccontano la vita e la crisi, due elementi indissolubili, purtroppo, in questo momento.