Al Scorch Circle Round The Signs
2016 - Bloodshot Records / IRD
Circle Round The Signs ha sicuramente alcuni brani sopra la media su cui poggiare: il primo, il brillante pezzo bluegrass iniziale Pennsylvania Turnpike, che sembra già intonarsi al circolare caleidoscopio grafico dai toni pastello raffigurato nella copertina, ha frizzanti sonorità acustiche che sanno scaldare con il fascino tradizionale dell’old time music, l’intensità ritmica degli Husker Du e lo spirito folk alternativo di Billy Bragg. La seguente splendida elegia di Lost At Sea, un sofferto racconto riguardo un amico che ha rischiato di perdere la vita in mare durante un naufragio (“quando ho saputo dell’accaduto mi è uscito il cuore dal petto, mi sono scese le lacrime, il sole brillava ugualmente dalla finestra, ho immaginato un mondo che andava avanti senza di te”) , ci avvolge di nostalgia con intensità e tenue delicatezza folk, il ritmo incessante e la fisarmonica sembrano cavalcare onde infinite; per sensibilità vocale e poetica è come immaginare Jeff Mangum ai tempi di In the Areoplane Over the Sea che si arma di banjo e cadenze bluegrass, beh…scusate se è poco.
Tra i pezzi migliori Everybody Out, che sarebbe potuta nascere nella mente dei Bad Livers, coinvolge fin dai primi secondi, ha il piglio vocale del punk, un ritmo musicale forsennato e il banjo violentato di Al Scorch che viaggia impazzito insieme a misurati assoli di violino e clarinetto. Di contro Want One, l’altro brano del disco che riprende gli stilemi frenetici di Everybody Out, con begli assoli di violino, è godibile ma meno convincente. L’ultima vera gemma è City Lullaby, incantevole ballata country a due voci, old time music di leggiadra provenienza con l’assolo di violino finale che ci immerge in una dimensione onirica, pezzo splendido che per certi versi si avvicina a certe cose del coetaneo eroe dell’old time revival: Luke Winslow King. La piacevole Slipknot in versione bluegrass stravolge il classico di Woody Guthrie, la band viaggia a mille e la qualità acustica degli arrangiamenti non lascia indifferenti. Se Insomnia e Lonesome Low sono episodi minori, Poverty Draft lo è in modo diverso, è un’altra ballata, la più sommessa del disco, che sembra trovare i suoi pregi nella voce, nella melodia e nella ricca strumentazione folk, aspetti però fin troppo similari al mondo rurale degli Okkervil River più classici (per intenderci quelli di “Stage Names”). Il buon pezzo finale Love After Death riporta in carreggiata i ritmi sostenuti, con il banjo di Al Scorch sempre protagonista.
Circle Round The Signs è il risultato pregevole di un autore ambizioso, intenso e passionale, e soprattutto di un artista credibile, vero. Un disco totalmente acustico con almeno quattro pezzi da sfregarsi le mani (e le orecchie), ancorato alle radici americane ma interpretato con l’approccio febbricitante ed eversivo dell’indie rock: old time, bluegrass , alt. country e umori punk si fondono in modo personale sotto l’anima intensa del suo autore, difficile toglierlo dal lettore quando hai voglia di vibrazioni genuine, in quanto cresce esponenzialmente ascolto dopo ascolto. Al Scorch, con il suo “banjo rock”, ha trovato un percorso musicale che evoca futuri stimolanti sviluppi artistici, il talento e la personalità non mancano, ma nemmeno le emozioni di coloro che lo ascoltano. Ovviamente disco da non trascurare assolutamente, anzi.