Come sempre poggiando sulla voce femminile di Romi alternata a quella del polistrumentista Junior l’album, questa volta, parte dall’India. Da un’esibizione in Ladakh che li aveva portati a lavorare a una sovrapposizione del loro potente reggae con tradizionali raga indiani. Nei giorni successivi la band invitò nel loro albergo molti musicisti del luogo a registrare e tutto questo materiale, spezzettato, essiccato, campionato è diventato il Massala, la spezia, con cui i Terrakota hanno poi sviluppato l’album e in particolare alcuni brani tra cui il singolo e opening del disco World Massala. Il brano è trascinante e piacevolmente Bollywoodiano grazie anche all’intervento di Vasundhara Das grande star del genere. Altri brani hanno spezie indiane.
Il lento reggae, quasi dub, I Am ha qualcosa – solo qualcosa purtroppo, non la profonda magia, poesia e bellezza - di The Miracle il capolavoro di Bim Sherman che, con alle spalle Adrian Sherwood, nel 1996 univa archi e le percussioni indiane con il suo reggae morbido e profondo (se volete un consiglio questo disco è da avere assolutamente magari assieme al suo potente gemello dub It Must Be A Dream!). Ma non solo India! Il suono si fa vicino a quello delle Ramblas post Manu Chao nelle denunce politiche Gripe Economica e Slow Food con spunti funk e fiati torridi.
Il Brasile e l’Angola fanno capolino in Illegal, storia autobiografica della cantante, che da sei anni aspettava il permesso di soggiorno che paradossalmente arriverà nei giorni in cui sta scrivendo la canzone. Ma è quando l’Africa a chiamare che il disco trova la sua vena più interessante. La percussiva Kay Kay; l’intensissima, e vetta del disco, ballata per chitarra acustica (ma sembra una kora) Né DJarabi con la voce preziosa di Paulo Flores in uno scambio intenso tra le lingue africane Mande e Dioula.Raitz chiude il disco partendo come una ballad arrangiata vocalmente in stile Zap Mama che si trasforma nel finale in un’esplosione ritmica di voci, percussioni e chitarra.
Certo non un album per puristi della musica etnica ma un disco piacevole tra profumi e pulsioni ritmiche. Ed ecco forse il problema. Forse il massala, le spezie, sono sempre un po’ troppo evidenti, quasi compiaciute e anche l’estrema eleganza del disco, a partire dalla sua confezione, appena troppo programmatiche.