I Love Degrado per Mescalina
07/05/2020 - News di Felice
I Love Degrado sulle pagine di Mescalina! È un piacere ragazzi! Per cominciare, come ha inizio la vostra storia?
Ciao! Il progetto I Love Degrado nasce a Bologna nel 2014, quando decidiamo di far scontrare i nostri rispettivi mondi musicali, apparentemente molto distanti, per scoprire cosa ne potrebbe saltare fuori. Visto che il risultato, un mischione di elettronica, rock minimale, improvvisazioni quasi jazz e influenze “Kraut”, ci ha da subito convinto, abbiamo deciso di continuare a proporre i nostri deliri a chiunque voglia ascoltarli.
Se oggi siamo qui è indubbiamente per l’uscita del vostro ultimo album Siamo dei cazzo di pionieri ci abbiamo sempre creduto. Come lo presentereste a chi non vi ha mai ascoltato?
E’ un album concreto, sfaccettato, ma al tempo stesso molto coerente al suo interno, dove abbiamo cercato di dosare parti più dirette e rock a momenti più sospesi, dove sono synth e atmosfere dilatate a farla da padrone. La cosa che più ci preme sottolineare è che è un album onesto, e questo è per noi l’aspetto fondamentale: può piacere o no, ma niente è stato messo lì per compiacere l’ascoltatore.
Come si affronta un’uscita discografica ai tempi del Coronavirus?
Incrociando le dita, sperando che questa situazione finisca il più presto possibile e con l’amarezza di aver organizzato un bellissimo secret-party per la presentazione del disco, che probabilmente dovremo tenerci stretto per il prossimo album!
Il vostro primo singolo si intitola Giovani di belle speranze in Malarnese, un brano che indubbiamente spicca nella tracklist del disco. Lo definireste il vostro manifesto?
Beh, se non proprio un manifesto, un brano autobiografico: come dire, giovani dentro e in malarnese fuori… ci sentiamo dei poeti guerrieri, ma difficilmente possiamo realmente concretizzare ciò che noi siamo. Musicalmente è uno dei pezzi a cui ci sentiamo più legati, quindi, sì, secondo noi è molto rappresentativo del nostro sound.
Chi sceglie un genere come quello che fate voi dubito sia avvezzo alle etichette, ma se proprio ne doveste dare una alla vostra musica quale sarebbe?
Prendi la voglia di sperimentare e viaggiare della Kosmische Musik tedesca degli anni ’70, un po’ di depressione direttamente dagli anni ’80 il senso di instabilità del grunge anni ’90, aggiungi elettronica e ironia q.b. e, se tutto va bene, dovremmo spuntare fuori noi. Forse.
Come nasce da zero un vostro brano?
Dipende, ci piace che il processo non sia mai uguale a se stesso. Alcune cose nascono da jam in saletta, registrate, riascoltate e rielaborate. Altre volte magari partiamo da un giro di basso che ci convince particolarmente, o un groove, o una melodia, poi lavoriamo insieme su stesura e arrangiamento. Cerchiamo di non porci dei limiti nello sviluppo dei brani, ma nemmeno nella loro ideazione.
Concerti: quanto amate farli ma soprattutto quanto vi mancano in questo periodo?
I concerti sono il nostro primo pensiero. Lavoriamo in studio proprio con l'obiettivo di portare la nostra musica in giro dal vivo il più possibile. Siamo cresciuti suonando sui palchi e per noi suonare dal vivo rimane la prima e più importante cosa da fare.
Grazie di essere stati con noi signori, a voi l’ultima parola!
Grazie a voi per la chiacchierata. Amatevi, amateci e supportate ciò che più vi piace senza risparmiarvi.