live report
Primavera Sound Parc del Fòrum – Barcellona (Spagna)
Concerto del 31/05/2023
Giunto alla sua ventunesima edizione, (sarebbero state ventitré le edizioni, se, causa Covid, non fossero stati fermi per due anni) il noto Festival spagnolo si dimostra, anno dopo anno, una delle migliori macchine organizzative, capace di far tesoro degli errori passati e mettere in moto una delle rassegne musicali più interessanti, emozionanti e sempre al passo coi tempi degli ultimi vent’anni.
Infatti, se da un lato le proposte musicali avanzate dagli organizzatori hanno sempre una forte ascendenza indie e d’avanguardia, dall’altro strizzano l’occhio anche a proposte musicali più in linea con i gusti popolari; basti pensare alla presenza in line – up, per questa edizione 2023, di artisti del calibro di Rosalia, cantante latin – pop spagnola non nuova al Festival, e delle reginette del K – Pop, le coreane Red Velvet.
Quella del Primavera Sound è una settimana densa di concerti di ogni tipo, con band e artisti da ogni dove; la città catalana si colora di musica, programmando, anche nei giorni antecedenti alla quattro giorni del Parc del Fòrum,diversi spettacoli musicali in alcuni live club della città (Razzmatazz, Sala Apolo e Paral.lel 62).
Durante le giornate del Festival, invece, presso il CCCB (Centro di Cultura Contemporanea) viene svolto anche il PrimaneraPro: manifestazione che consiste in una serie di incontri, workshop e showcase dove assistere ai concerti di band emergenti, non solo spagnole, che troveranno spazio anche su uno dei palchi dedicati.
Come ogni anno, l’apertura del Festival (mercoledì 31 maggio), con ingresso libero, è affidata a band o artisti di una certa caratura; per l’edizione 2023 è toccata allo storico duo britannico dei Pet Shop Boys. Nonostante gli anni, Neil Tennant e Chris Lowe hanno ostentato una grande forma live, proponendo uno spettacolo non solo musicale, tra effetti visivi e repentini cambi di cappotti di Tennant, avvolgendo il pubblico presente con il loro classico gusto dance – pop.
Purtroppo, in una manifestazione di questa portata, la concomitanza di concerti interessanti può, per così dire, rappresentare un problema, dato l’obbligo morale nell’attuare una scelta ponderata sugli artisti che si vorrebbero e possono vedere, portando quindi a prendere decisioni dettate a volte dal cuore e altre volte dalla notorietà, dalla curiosità o da altre motivazioni. Ogni anno, la scelta è ardua e perdersi tra i diversi palchi sparsi nel Parc del Fòrum diventa quasi un imperativo.
Il Primavera Sound 2023 prevedeva, oltre i 2 palchi principali (Estrella Damm e Santander), 2 palchi di una certa rilevanza (Amazon Music e Ron Brugal) e 4 più piccoli, ma comunque considerevoli (Pull & Bear, Cupra, Plenitude e Dice), senza dimenticare il Night Pro per le band del PrimaveraPro, l’Auditorium Santander e i due spazi dedicati agli amanti dell’elettronica e della house (Boiler Room e Stone Island at the Warhouse).
Tante le scelte musicali, tra cui diverse nuove promesse della scena musicale internazionale, come il rock sperimentale inglese dei Black Country, New Road, l’alt-rock degli statunitensi Wednesday, l’elettro-pop dei Jockstrap (progetto parallelo di Georgia Ellery dei Black Country, New Road) o il post-punk dei Bar Italia, ma soprattutto dei National Of Language: il terzetto statunitense ha entusiasmato i presenti sotto il palco del Dice con una performance fenomenale, dimostrando una resa live che ascoltandoli su disco non avremmo mai immaginato. Al terzo posto di un virtuale podio personale di questa edizione.
Tra i tanti ospiti che si sono esibiti nei tre giorni, tra le formazioni più importanti possiamo menzionare sicuramente i Built To Spill: la storica band indie – rock statunitense, al di là dei rumors, che vogliono il frontman Doug Martsch persona burbera e poco affabile, si è dimostrata una delle sorprese più attese di questo Festival.
Al Primavera Sound succede di tutto, dai concerti che lasciano l’amaro in bocca, come quello dei Lebanon Hanover, Gilla Band, NxWORRIES (Anderson .Paak & Knxwledge) o, purtroppo, dei Depeche Mode, a quelli che invece segnano ed emozionano tantissimo con performance superbe da riempirti il cuore, come quello dei My Morning Jacket e The War On Drugs, passando anche per quelli che fanno invece scoprire un mondo completamente nuovo, come nel caso dell’indie surf rock dei Surfe Curse, della grinta pazzesca di Yves Tumor e quella dei Turnstile, quest’ultima una delle scoperte più interessanti del Festival, la cui resa live lascia decisamente il segno, in tutti i sensi.
Chi non ha deluso, di sicuro, le aspettative sono stati, ad esempio, i New Order. La band di Manchester, senza Peter Hook al basso, salita sul palco Estrella Damm sulle note del Tristan und Isolde: Prelude Act 3 di Richard Wagner, si è prodigata nell’esecuzione di alcuni dei brani più famosi della loro quarantennale esperienza, fino alla commovente dedica finale con Love Will Tear Us Apart dei Joy Division per ricordare e commemorare l’amico Ian Curtis.
Se, come già detto, i Nation Of Language occupano il posto più basso del podio virtuale delle migliori performance viste in questa edizione, al secondo posto non poteva che esserci lei, ovvero la “dea” dell’indie – rock Anne Erin Clark, meglio nota con lo pseudonimo St. Vincent. La musicista statunitense non si è risparmiata e durante tutta la sua esibizione ha messo in mostra non solo le sue doti compositive, ma ha dimostrato di avere una padronanza del palco come pochi man mano che passava in rassegna alcuni dei pezzi più noti della sua discografia, interagendo misticamente con il pubblico, accorso ad ascoltarla, estasiato dalla sua performance.
Ovviamente, la più grande sorpresa del Festival, e personalmente miglior performance anche dal punto di vista emotivo, sono stati senza ombra di dubbio i Blur. La band inglese, capostipite della scena brit – pop, nell’attesa di pubblicare il loro nuovo album (The Ballad of Darren), ha dato inizio al tour in giro per il mondo proprio dalla città catalana.
Sin dalle prime battute con la nuova St. Charles Square, i quattro “ragazzi” londinesi sembrano non aver perso il feeling che li ha sempre contraddistinti e, nonostante alcune imperfezioni, sono riusciti nel loro intento, emozionare e sbalordire i propri fan, non solo con gli evergreen del loro repertorio, ma proponendo anche brani meno noti. Avevamo bisogno del loro ritorno e non hanno deluso; d’altra parte, con un Damon Albarn sempre indemoniato e scatenato sul palco, lo spettacolo è assicurato.
Comunque, la lista è davvero lunga, assistere alle diverse esibizioni è impossibile, ma è doveroso menzionare la presenza di alcune band storiche nei loro generi, come i Karate, le Le Tigre, i Bad Religion, gli Sparks o gli Shellac, oramai da diversi anni presenza fissa del Festival.
Non solo, i sei palchi hanno visto alternarsi tanti nomi imperdibili come Japanese Breakfast, The Delgados, Caroline Polachek, Christine and the Queens, Arlo Parks, Be Your Own PET, Alex G., Four Tet, Darkside, Death Grips, Unwound, Alvvays e i The Comet Is Coming in una delle loro ultime esibizioni prima dell’addio.
Imperdibili anche i concerti all’Auditorium; doveroso farci un salto e immergersi nella sua acustica, e quest’anno è toccato calcare quel palco a John Cale, Swans, Beth Orton e Laurie Anderson.
Musica per tutti i gusti; la scena heavy-metal, ad esempio, era rappresentata dal duo giapponese dei Boris e dagli iconici svedesi Ghost con il loro incredibile e imperdibile spettacolo, mentre la scena rap ha potuto contare sulla presenza di artisti del calibro di Pusha T., Kendrick Lamar e Baby Keem.
Molti anche i DJ che hanno allietato le serate portando il pubblico a ballare sui ritmi dance, soul ed elettronici, esperti del settore come Fred Again, Skrillex, Calvin Harris, John Talabot e Charlotte de Witte, senza dimenticare l’onnipresente Dj Coco a cui spetta, ogni anno, l’ingrato compito di porre fine alle danze.
Per quanto riguarda la presenza italiana al Festival catalano, piacciano o meno, la scelta è ricaduta sui tanto amati e odiati Maneskin. Nonostante non siano una prima scelta, spinti da curiosità e dalla mancanza di alternative, una chance alla band italiana si può sempre dare. Bisogna, comunque, constatare alcune cose sui Maneskin: hanno un seguito che purtroppo molte altre band non hanno e dal vivo hanno comunque un grandissimo impatto.
Infine, come da consuetudine, la domenica è dedicata alla ciutat catalana; quest’anno però, prima di chiudere nei locali con i soliti concerti (Japanese Breakfast, Yves Tumor, Jockstrap, Unwound, Joy Anonymous e Pet Shop Boys), l’organizzazione ha pensato benissimo a un Brunch musicale pomeridiano, sempre al Parc del Fòrum, con il palco Ron Brugal che ha visto alternarsi alcuni Dj con il compito di far scatenare gli irriducibili: Two Ex, Carlita, Ben Böhmer, CamelPhat, Purple Disco Machine e Diplo.
Tutto questo, ma non solo, è il Primavera Sound.