Alejandro Escovedo & Don Antonio

live report

Alejandro Escovedo & Don Antonio Cantù / 1e35

29/04/2019 di Giovanni Sottosanti

Concerto del 29/04/2019

#Alejandro Escovedo & Don Antonio#Rock Internazionale#Rock

Il viaggio è stato lungo e faticoso. I Gringos hanno attraversato tutta l'America, da nord a sud fino alla frontiera con il Messico. Portano sulle spalle e nel cuore un carico di ricordi, passione, gioie e dolori, colori e sapori delle provincie più depresse e desolate, uniti a quelli delle città più ricche e scintillanti. Il passato abbraccia il presente in un perfetto connubio di suoni, dal Messico al Texas fino alla Romagna, come un unico passo di danza sotto braccio con la bellezza, cartoline in bianco e nero strappate dal libro dei ricordi e poste all'inizio di una storia che racconta povertà, immigrazione e lavoro duro, ma anche amicizia e rispetto.

Alejandro Escovedo e Don Antonio hanno tante vite negli occhi e una storia comune che li unisce sulle strade della musica. Un connubio perfetto, nato in maniera del tutto inaspettata e casuale, l'uno alla ricerca di una band per il nuovo disco e l'altro di un produttore. Anche nella musica, come nella vita, non sempre uno più uno è uguale a due, in questo caso uno più uno ha fatto Tombola! Due tour in tutto il mondo e un disco in comune, The Crossing, che attraverso la storia di due ragazzi, Diego e Salvo, due amici, uno messicano e l'altro calabrese, tratta il tema dell'immigrazione, perdere le proprie radici e crearne altre ancora più solide. Per far questo costruisce un ideale ponte sonoro che abbraccia le origini messicane e romagnole, affiancandole ai suoni secchi e taglienti del punk rock newyorkese e intingendole nei colori degli sconfinati orizzonti texani. Diego e Salvo per una sera sono tornati a casa, all'Una e Trentacinque Circa li attende una sala piena di cuori affamati e sogni sospesi, risate familiari e sorrisi leggeri, occhi assetati di storie e suoni da ricordare.

Don Antonio apre le porte alla Romagna delle balere e del liscio, il lungomare accecato dal sole e inondato di gente, dolci colline e balli nell'aia, ricordi in bianco e nero e un suono che ti culla come il dondolio pigro di una barca, tra riverberi di Fellini, Morricone e Ry Cooder. Alejandro Escovedo ha rubato il volto al Charles Bronson di C'era una volta il west e anche lui parla con occhi che raccontano storie di frontiera e coraggio. Le chitarre elettriche imbracciate come fucili e il riff di Anchor che apre le ostilità, il brano era contenuto in Street Songs Of Love del 2010 e si presenta con il passo tipico e deciso dell'heartland rock. Ovviamente The Crossing recita la parte del leone e Texas Is My Mother è una chiara dichiarazione d'intenti, mentre Outlaw For You picchia sugli ampli e strappa le corde delle chitarre. San Antonio Rain rallenta lungo strade sonnolente e piovose, i sapori del Texas e la pigrizia del Messico, la voce di Alejandro che scava nell'anima.

Con Waiting For Me e Something Blue riparte il viaggio dei due migranti, chitarre al vento e i colori di un tramonto texano. Teenage Luggage ci porta negli scantinati in cui nasce il punk sporco e rabbioso, preludio alla trascinante e travolgente esplosione rock di Castanets. Un pezzo totale, che Alejandro incluse in A Man Under The Influence e in cui abbraccia in un colpo solo i Rolling Stones, Lou Reed, David Johansen, Johnny Thunders e Joe Strummer. La band gira come fosse un corpo unico, ogni elemento al suo posto, un insieme organico e perfettamente armonizzato, Antonio Gramentieri ricama assoli con l'elettrica, puntuale e preciso, Denis Valentini pompa di basso, Francesco Valtieri cattura la scena con un sassofono assassino e Matteo Monti spazzola e randella la sua batteria senza pietà.

Sensitive Boys, scritta insieme a Chuck Prophet, rappresenta un momento unico e toccante ed è preceduta da ricordi nei quali Alejandro menziona tutte le band di quel sottobosco americano, proletario e fuorilegge, in cui lui ha militato o con cui ha condiviso palchi, sudore e chilometri. E allora, come per magia, ecco rivivere Green On Red, True Believers, Rank And File, Nuns, Gun Club e Standells "Sensitive boys, sensitive clothes, sensitive words, wrapped up in sensitive poems". Il tempo di tirare il fiato e con Sonica USA, su disco alla chitarra compare Wayne Kramer degli MC5, parte la volata finale nel nome di The Crossing. Fury And Fire, Flying, MC Overload e la title track, tra chitarre rabbiose, sassofoni suadenti e echi morriconiani, la storia è ai titoli di coda "I lost my friend along the way, I lost my innocence to the IC.E., we found America in a punk rock way, this story has no ending" e "we all become history when we make the crossing".

Ma non finisce certo qui, perché nei bis i due compari e la banda regalano pathos e adrenalina allo stato puro. Si parte con la dylaniana Just Like Tom Thumb's Blues nella versione resa da Brian Ferry per l'album Dylanesque, seguita da una Sally Was A Cop scura e rabbiosa. Con una struggente, intensa e commovente I Wish I Was Your Mother vengono omaggiati anche il grande Ian Hunter e i suoi Mott The Hoople. Alejandro incise il pezzo nel suo primo disco, Gravity, anno 1992.

 

Finito? Ma neanche per sogno! È il momento del delirio finale, chitarre e amplificatori in fiamme, basso, batteria e sassofono in orbita, pronti, via "Once I thought I saw you, in a crowded hazy bar", esplode Like A Hurricane in tutta la sua potenza devastante, straripante, trascinante, assassina! Assoli interminabili, torridi, via senza pietà, stavolta non si salva nessuno! "You are like a hurricane, there's calm in your eye". C'è calma negli occhi del texano con la faccia da indio, sorride, ringrazia, è una persona per bene. Come Charles Bronson anche lui scruta l'orizzonte davanti a se e vi legge la grandezza dell'infinito, è tempo di ripartire, la strada chiama. Diego e Salvo.