live report
Larkin Poe Milano, Spazio Teatro 89
Concerto del 29/03/2019
Di sicuro la tendenza, in auge negli ultimi tempi, al lancio sul mercato di figure femminili con una chitarra in mano, ha contribuito all’interesse diffuso verso band come le Larkin Poe, ma è anche vero che nel mucchio troviamo di tutto. Le sorelle di Atlanta, per fortuna, riescono a distinguersi dignitosamente ed anche se la qualità non è ancora il tratto dominante, la presenza scenica, la sfrontatezza giovanile, la vitalità contagiosa, hanno il potere di dare una notevole freschezza all’onorata tradizione folk blues. Un’energia femminile che sta a metà tra la scuola più educata delle Dixie Chicks e l’irriverenza di Joan Jett. Il business del rock è cambiato, il business del rock è donna e in molti sono pronti a buttarsi nella mischia.
Due date in Italia e due Sold Out: non c’è come riconoscere il merito all’acuta intuizione di AZ-Blues e Slang Music che ci ha regalato la possibilità di apprezzare la naturalezza della band di Nashville prima che qualche major se le prenda e ne faccia melassa pop. Intanto nella serata milanese allo Spazio Teatro 89 ci siamo goduti un concerto variopinto, assistendo alla predica blues del vecchio Son House e ballando sul martellante stomp di Hard Times Killing Floor Blues di Skip James, trascinati dalle sonorità glam dell’autografa Freedom e di una Black Betty fine anni ‘70.
Un’atmosfera colorata dall’audacia con la quale vengono riproposte le melodie tradizionali, come la sensualissima John The Revelator o il mantra funky di Sometimes che di sicuro ha scosso lo spirito di Bessie Jones. Rebecca ha una voce che “danza intorno al fuoco”, ammaliante e intrigante senza esagerazioni di alcun genere, mentre si diletta con chitarra slide e banjo a distribuire un groove coinvolgente. Si dimostra una buona intrattenitrice, estroversa e loquace introduce i brani in programma, sfoderando tre o quattro parole in un improbabile italiano che manda in giuggiole soprattutto il pubblico maschile. Megan pensa ai fatti, lei il fuoco lo alimenta, la sua vibrante lapsteel riporta in vita il delta del sud mescolandolo con i suoni sporchi del garage, Mississippi ne è l’immancabile foto, mentre Bleach Blonde Bottle Blues è un’esplosione di energia, fra clap eccitanti e vibrazioni irresistibili. Gli umori sinistri di Look Away, con quello slide che consuma le corde, e i riff turbolenti e vivaci di Blue Ridge Mountains completano il quadro, che mantiene l’equilibrio spostato verso il blues ma si muove in bilico tra tutto ciò che ne è parente.
La simbiosi tra le due sorelle è evidente, la chimica tra gli incroci sul palco, le chitarre sincronizzate e i dialoghi tra le voci è ciò che muove i fili sul set. Ottimo il lavoro della sezione ritmica a sostegno di un tiro mantenuto sempre alto durante tutto lo spettacolo. La formula, loro, l’hanno capita, dagli ingredienti del sound alla modalità di diffusione del prodotto, orientata verso il modernismo dei social e delle piattaforme web e sotto la spinta delle radio di Nashville. La speranza è che le ragazze possano continuare il cammino sulle loro gambe senza cedere troppo presto alle lusinghe di chi vorrà farne un fenomeno del momento, snaturando la personalità del loro sound, sorte toccata anche agli amati Black Keys. Intanto i presenti al live milanese hanno avuto la fortuna di cogliere la schiettezza e la piacevole immaturità della musica che, oggi, le impavide ragazze stanno portando in giro per tutto il mondo. Domani chissà.
Foto di: Freddie Matranga