Jazzmi 2018

live report

Jazzmi 2018 Teatro dell'Arte. Triennale di Milano

26/11/2017 di Paolo Ronchetti

Concerto del 26/11/2017

#Jazzmi 2018#Jazz Blues Black#Jazz Napoli Pino Daniele

Il nome Napoli Centrale non può che evocare, a partire da chi come me è inevitabilmente più vicino ai 60 che ai 50 anni, l’inizio della grande stagione della moderna musica napoletana. Una musica che prendeva a piene mani dalla tradizione rileggendola con le forme del jazz e del rock per poi rimescolare il tutto con istinto e sapienza. Certo il 1975 è lontano ma il suono dei sax di James Senese (73 anni dichiarati orgogliosamente anche durante il concerto) è sempre grande, come il sapore di un vino che ha saputo invecchiare bene; E anche la voce, come sempre particolare nella sua imperfezione così autenticamente popolare, è ancora piena di grande fascino. Questa “edizione” di Napoli Centrale poi vede tra le sue fila musicisti che hanno attraversato con sapienza le migliori frequentazioni di quegli anni straordinari. Agostino Marangolo, Gigi Di Rienzo e Ernesto Vitolo sono stati batterista, bassista e tastierista, tra gli altri, con Bennato, Musicanova e Pino Daniele! Grandi le aspettative quindi, tanto da regalare a JazzMi il terzo sold out dopo quello con l’Art Ensemble of Chicago e quello, concomitante, dei Nu Guinea in Santeria. Purtroppo però, questi giganti della musica italiana, peccano in perfezione e il suono è sovente così levigato e preciso da sfiorare troppe volte quell'ovvio sonoro che non aiuta a essere creativi. Viene fuori così una musica che, se non fosse per i graffi e i fraseggi di Senese, rimane sin troppo ancorata in una annacquata fusion dai sapori 80/90 e ormai fuori tempo massimo. Certo è che, quando il tutto ritrova anima, i brividi vengono eccome. Chi Tiene o Mare di Pino Daniele ne è un esempio perfetto, con quel sax che viene a graffiare l'anima; o come quando il jazz funk fa venire voglia a tutti di urlare Campagna e si viene presi da una voglia irresistibile di muovere le gambe e picchiare forte con loro. Pur tra alti e "bassi" il pubblico comunque gradisce e il successo e gli applausi sono comunque sinceri e meritati sino alla fine.

A dimostrare però poi come il pensiero su “musicisti troppo perfetti e ingessati” non fosse fuori luogo, arriva il bis! Qui il buon Marangolo, che finalmente suona senza cuffie (e senza clip e senza basi), è finalmente più libero e il suono torna, come per miracolo, vivo e vitale come 40 anni fa e con una base tecnica paurosa. Mi chiedo: ma di cosa hanno paura questi musicisti? Di suonare senza una base fatta di una chitarra funk monotona ed inutile? Veramente non pensano di essere capaci di supplire ad una cosa così bruttina? Hanno paura di accelerare il tempo perfetto dell’incisione in studio?

È un vero peccato che questi grandi musicisti, che potrebbero permettersi TUTTO, si accontentino troppe volte di un semplice e stucchevolmente elegante ordinario.