Pearl Jam

live report

Pearl Jam Roma / Stadio Olimpico

26/06/2018 di Giovanni Sottosanti

Concerto del 26/06/2018

#Pearl Jam#Rock Internazionale#Rock

Pensavi di non emozionarti, lo speravi, te lo eri detto, diciamo che forse non lo volevi. Non sono mai facili da gestire le emozioni quando entrano in circolo, ti esplodono dentro scombussolando equilibri faticosamente stabilizzati.

Si chiama Edward Louis Severson III, ma non si offende se lo chiami Eddie Vedder. Lui ti guarda dritto nel cuore riuscendo a coglierne ogni singolo battito, per circa tre ore ci danza sopra, galleggiando nel mare di un'anima in subbuglio. Lui e la sua banda hanno una storia di amicizia e condivisione che dura da anni, di quelle storie che a noi ci piacciono, perché  parlano il linguaggio delle cose vere, raccontano vite attraversate da dolore, sofferenza, morte e disperazione, ma anche da coraggio, amore, forza e rinascita. Eddie chiama tutti a raccolta, in una serata romana di quelle da mettere in cornice.

Partono piano ma ti assestano subito due belle stilettate al cuore, perché Release e Elderly Woman Behind The Counter In A Small Town sono due ballate di quelle che strizzano le coronarie. Dopo un commosso ricordo del primo concerto a Roma di ventidue anni fa, scende in campo l'artiglieria pesante e Interstellar Overdrive dei Pink Floyd sfocia in una Corduroy dalla potenza devastante. Mike McCready, Stone Gossard, Jeff Ament e Matt Cameron picchiano senza pietà, Boom Gaspar e il suo organo ammortizzano il furore agonistico dei cinque compari. Why Go e Do The Evolution proseguono la corsa, rallenta parzialmente Pilate, mentre con Given To Fly e Even Flow si alza il livello di adrenalina circolante.

Esplodono i Pearl Jam epici, trascinanti e corali capaci di rabbiosi assalti e soavi ballate. Personalmente li preferisco nella loro versione meno furiosa, quando toccano i territori di una forma canzone più classica e fruibile. Non sempre mi coinvolgono e convincono le furibonde immersioni in quel grunge primigenio, tanto spontaneo e verace quanto spesso grezzo, asimmetrico, ostico e spigoloso. Per questo adoro pezzi come Wishlist, che anche stasera lascia un segno indelebile. Esplode Lighting Bolt, seguita poi da una inaspettata e tirata cover di Again Today by Brandi Carlile. Grande intensità e pathos caratterizzano la sequenza Untitled/MFC, Immortality e Unthought Known, in un crescendo di interazione e coinvolgimento emotivo tra Eddie e il suo pubblico.

La performance di stasera non può che confermare tutto quanto già illustrato dalla sua gloriosa carriera, certificando altresì  l'integrità delle sue corde vocali. In uno stadio quasi interamente gremito, l'acustica è buona pur con l'inevitabile rimbombo, nota negativa invece per il palco troppo basso. Infatti, pur essendomi posizionato circa a metà del pit, sono costretto a seguire il concerto sugli schermi laterali. Dopo Eruption, cover dei Van Halen, ecco a voi Can't Deny Me, il tanto atteso nuovo singolo della band, brano in linea con le loro sonorità più rock. Mankind è cantata nientemeno che da Stone Gossard, sinceramente non una performance indimenticabile.

Per fortuna Eddie riprende il comando delle operazioni e con Animal, Lukin e Porch riaccende l'Olimpico. La prima parte dei bis lo vede in versione acustica modello ukulele per una splendida Sleeping By Myself, seguita da una altrettanto meravigliosa Just Breathe, triste e struggente ballata da Backspacer. Altro momento di grande intensità  con una Imagine  chiama a raccolta le luci dei cellulari di tutto lo stadio. Ripartono poi all'arrembaggio con una sequenza mozzafiato, in cui Daughter è sempre di grande impatto, State Of Love And Trust è semplicemente micidiale, Black Diamond dei Kiss è cantata da Matt Cameron e Jeremy risuona in tutta la sua drammatica crudezza, gran botta dritta allo stomaco.

Arriva poi un altro momento culminante, perché  Better Man parte con Eddie da solo e il coro di tutto lo stadio con lui, per poi esplodere in un inno travolgente e totale. Al suo interno Save It For Later dei mai troppo celebrati The Beat, gruppo britannico di ska. L'omaggio a Roger Waters con Confortably Numb apre alla grande la seconda e ultima tranche di bis, McCready rilascia assoli psichedelici e incendiari. Da qui alla fine non si fanno prigionieri, perché  Black, Rearviewmirror, Alive e Rockin' In The Free World esaltano, trascinano e commuovono, fanno saltare e ballare uno stadio intero.

Piccolo, grande Eddie, mi arrendo, hai vinto tu anche questa volta, anzi...hanno vinto i Pearl Jam, lo stadio è vostro! Keep On Rockin' In The Free World.