live report
Sentieri Selvaggi Teatro Elfo Puccini Milano
Concerto del 26/03/2018
Il secondo appuntamento della stagione di musica contemporanea di Sentieri Selvaggi è dedicato alla figura di Armando Gentilucci. Un ritratto in qualche modo dovuto da parte dell’ensemble milanese che spesso ha avuto nei suoi programmi la sua musica. Musica spesso resa complessa da una profonda ricerca timbrica spesso contrapposta ad una volontaria assenza di un tempo di riferimento.
Si inizia con una delle ultime opere scritte da Gentilucci nel 1989 poco prima della sua prematura scomparsa: Melodia Per Il Compleanno di Paolo Gandolfi. Gandolfi fu il musicista che gli fu vicino nel progetto dell’istituto musicale Peri che lo occupo negli ultimi vent’anni di vita. Eseguito questa sera per mano del Violinista Piercarlo Sacco il brano, costruito su una composizione di sole 5 note, raggiunge momenti di grande lirismo e malinconia anche all’interno di una composizione breve e scarna che sembra far respirare all’ascoltatore il passaggio inesorabile del tempo.
Il Crescendo per piano violino e violoncello è esattamente quello che il titolo afferma: un crescendo in cui la presenza ritmica è affidata alla partitura pianistica mentre ai due archi è affidato un crescendo di idee e intensità che sfrutta le possibilità espressive e timbriche degli strumenti sino ad un finale che, arrivato all’orlo del parossismo, acquista una cadenza inquietante e inesorabile. La cupezza del brano è notevole così come il suo essere in ogni momento tesa verso una trepidante agitazione assolutamente contagiosa.
Il tempo come telaio su cui tessere un disegno di suoni studiati ed estremi, con uno studio delle possibilità timbriche del clarinetto solo, è il fulcro di Al Telaio Del Tempo brano in origine scritto nel 1983 per Ciro Scarponi e qui eseguito magistralmente dal suo allievo Mirco Ghirardini. Apparentemente un brano che sembra non dare nessun appiglio, almeno melodico, in questo suo girare voracemente tra i suoni più strani e i salti di tonalità; in realtà una tela del ragno in cui rimanere impigliati sino al quasi conciliante e sospeso finale.
Lieve Suonò La Notte è invece una sonata per violino e pianoforte del 1979 divisa in 3 grossi pannelli sonori contrastanti. Il brano inizia infatti con una prima parte potente, quasi shomberghiana, in cui la punteggiatura, concitata dissonante e quasi impazzita, non lascia tregua come un traffico nell’ora di punta. Inaspettatamente il suono inizia poi a raggrupparsi in blocchi di note che lasciano emergere silenzi, suoni smorzati via via con una sempre più marcata disgregazione del suono fatta sempre più di poche note indefinite; di un tentativo di emulare strumenti medioevali con la ricerca di suoni arcaici del violino suonato spesso al ponticello, senza vibrato, con pochi armonici e in cui il suono sembra disperdersi senza forma dando origine a una composizione complessa all’ascolto quanto altamente suggestiva.
Selva Di Pensieri Sonanti per Clarinetto e Piano è brano a suo modo potentemente virtuosistico in cui gli strumenti all’improvviso trovano episodici unisoni subito negati. Feroce è poi l’alternanza tra momenti più rarefatti e lirici e quelli in cui una apparente frenesia sembra cogliere una partitura comunque sempre precisa (e verrebbe da dire anche ordinata).
Costruito in parte sulle idee non sviluppate per il mai rappresentato Moby Dick (opera tratta da Melville commissionata dal Regio di Torino) ecco In Acque Solitarie. Dopo un inizio che mi ricorda i suoni dei flauti Shakuhachi giapponesi di Kohachiro Miyata la partitura, per il solo flauto della inappuntabile Paola Fre, si snoda verso idee che intrecciandosi sembrano rigenerarsi in continuazione. L’idea di deriva, di mare solitario, di paesaggi e lande fuori dalla nostra abituale rappresentazione sono costanti per tutto il brano che, come sottolinea la Fre in fase di presentazione, frutta tutto lo strumento senza apparentemente chiedere effetti particolari all’esecutore.
Ma il momento più alto della serata è senza dubbio l’esecuzione del quartetto per violino violoncello clarinetto e pianoforte Le Clessidre Di Durer
La centralità del tempo del brano richiama la centralità del tempo dureriano che nelle sue incisioni spesso inseriva una clessidra: un simbolo di vanità contrapposto, e allo stesso modo simbolo, alla caducità della vita. Ed è in questo sentire il tempo che sta una delle chiavi della bellezza del brano: in questo dare un tempo irregolare ma mai assente o troppo presente; in questo cercare di confonderlo con una foschia sonora che lo renda paradossalmente e per contrasto ancora più intellegibile; per aver lavorato costantemente a una ricerca di suono, colore e accordi che possano dare una percezione di bellezza. E, infine, per aver combattuto, per tutta la composizione, all’interno di una battaglia tra l’implacabilità del tempo e la percezione della bellezza. Gli applausi convinti alla fine di questo brano dimostrano che anche quando la musica è complessa e “difficile”, e questa sera lo era sicuramente, l’idea didattica che sta dietro ai concerti di Sentieri Selvaggi è l’arma vincente che permette a chiunque di provare a percepire la bellezza anche nella grande complessità; di percepire la bellezza anche quando potrebbe apparire nascosta.
Il prossimo concerto della rassegna Crossroads sarà il 9 aprile, sempre nella sala Fassbinder del teatro Elfo Puccini, con Crossroads in Jazz con in programma il doppio concerto di Dulbecco (vibrafono e marimba) prima con il chitarrista Bebo Ferra e poi in trio con il clarinettista Mauro Negri e il contrabbassista Furio di Castri.
Programma della serata
Melodia per il Compleanno di Paolo Gandolfi
Crescendo
Al Telaio Del Tempo
Lieve Suonò la Notte
Selva di pensieri Sonanti
In Acque Solitarie
Le Clessidre di Durer
Sentieri Selvaggi:
Paola Fre, Flauto: 6.
Mirco Ghirardini, Clarinetto: 3,5,7.
Andrea Rebaudengo, Pianoforte: 2,4,5,7.
Piercarlo Sacco, Violino: 1,2,4,7.
Aya Shimura, Violoncello: 2,7.
Foto di: Giovanni Daniotti