Thom Chacon

live report

Thom Chacon Il Big Star di Roma accoglie Thom Chacon con Paolo Ercoli

24/11/2024 di Giovanni Sottosanti

Concerto del 24/11/2024

#Thom Chacon#Americana#Songwriting

Una voce impolverata e catramosa, come le strade che da Durango arrivano fino al Border. Una chitarra acustica, l'armonica e il dobro per incorniciare storie di povertà, immigrazione, sangue, lotte, vittorie e sconfitte. Thom Chacon si presenta così, con semplicità e fierezza, lo sguardo dritto di chi ha vissuto e assorbito la vita di un'America nascosta e misconosciuta, quella che non regala niente e non fa sconti.

Accompagnato dalle mani sapienti ed esperte di Paolo Ercoli al dobro, il minuto crooner di Durango ha regalato una serata intensa e pregna di emozioni per i "pochi ma buoni" che domenica 24 sera hanno occupato le sedie del Big Star, piccolo e accogliente Music Live Pub nel cuore di Trastevere. L'iniziale Borderland è già di per sé un manifesto sonoro, collocando perfettamente Thom Chacon sulla cartina geografica di quel cantautorato americano che, partendo da Woody Guthrie e Bob Dylan, arriva al Bruce di Tom Joad e Nebraska, senza tralasciare incursioni verso John Prine, Townes e lo Steve Earle acustico. Church Of The Great Outdoor prosegue lungo lo stesso itinerario alla ricerca della propria pace "Like a river, like a river, flows out to the sea/I can find my peace among the tree". American Dreams racconta la cruda realtà di chi insegue il Sogno Americano, mentre Sorrow, Grant County Side e Something The Heart Can Only Know sono carezze acustiche ruvide e ammalianti, con chitarra e dobro perfettamente intrecciati, il passo delle ballads di John Prine, la spigolosità e le asperità di Mr. Zimmerman.

L'atmosfera che si respira è perfetta per un viaggio con zaino in spalla e chitarra a tracolla, mentre Thom non ha alcuna difficoltà ad entrare da subito in sintonia con un pubblico che segue con estremo interesse e grande passione. Con Innocent Man, Big River, I Am An Immigrant e Blood In The USA cala un poker d'assi di grande livello, alzando il livello di pathos e intensità. Storie in bianco e nero, disperate e perdenti, il fiume che torna come simbolo di salvezza e poi il sangue, che scorre dalle vene di una terra ferita e disillusa. Immagini e suoni si rincorrono, da Sinaloa a Galveston Bay, attraverso il Rio Grande fino al confine messicano. "I am an immigrant from Mexico/Got a wife and kids back in El Charro". In fondo al viaggio però c'è spazio anche per un barlume di speranza, perché il protagonista della storia ci dice "I believe in this land of gold and hope/ I am an immigrant from Mexico".

Dopo Big As The Moon, siamo arrivati alla fine del viaggio con Union Town, i colori di un tramonto dentro spazi sconfinati e il passo di uomini a cavallo, come nella migliore tradizione dei film western. Il dobro di Paolo Ercoli a ricamare e tenere insieme il tutto, mentre la voce di Thom regala l'ultima perla, quella più luminosa di tutte, perché Juarez, Mexico la ascolterei all'infinito, struggente, lenta, drammatica ed evocativa. Ancora la fuga come unica via di salvezza da fame e povertà, un lui e la sua Rosie in procinto di partire in una notte senza luna, perché "non morirò in queste strade un altro giorno, non morirò di fame un altro giorno, me ne vado, non importa dove andiamo, basta che usciamo da Juarez, Messico".

La storia è finita, il viaggio continua, tra l'Italia, il Messico e Durango.
Thom Chacon e Paolo Ercoli, con simpatia e tanta poesia.
Una menzione particolare per Daniele Marini, country rocker romano verace e appassionato, che ha voluto fortemente portare uno spicchio di Border nel cuore di Roma e ha aperto la serata con una manciata di pezzi autografi in italiano, ma direttamente ispirati dalla migliore tradizione degli outlaws a stelle e strisce.

FOTO DELL'AUTORE E DI ALESSANDRO CATALDI