Rockisland Festival

live report

Rockisland Festival Bottanuco – (bg)

22/06/2005 di Vito Sartor

Concerto del 22/06/2005

#Rockisland Festival

Rockisland Festival

22-26 giugno 2005
Bottanuco (BG) Quest’anno girava voce che la kermesse musicale più fresca dell’Isola bergamasca non avrebbe avuto luogo. Non sappiamo il motivo di questa falsa notizia, potremmo imputarla ad un’abile strategia di marketing visto che il festival è giunto alla 14° edizione con grandi risultati e altissima affluenza.
Già nell’edizione passata avevamo apprezzato l’atmosfera semplice e festaiola che caratterizza da anni l’estate di Bottanuco: bisogna ancora una volta spingersi in questi tranquilli luoghi di provincia per poter assaporare in ogni suo angolo la voglia di stare insieme, ma anche lo sforzo che, dal palco alle cucine, questi giovani impiegano per la riuscita della festa, oltretutto a scopo benefico. Durante questi giorni, in cui il caldo si è fatto responsabile del consumo di ettolitri di birra (saranno sicuramente contenti gli organizzatori), abbiamo visto affluire decine di famiglie e centinaia di giovani: chi semplicemente si faceva la sua vasca serale quotidiana, chi si ritrovava in tavolate conviviali, chi veniva, compreso famiglie con prole, interessato alle realtà musicali su cui la manifestazione fa perno.
Dobbiamo ammettere che l’apporto artistico della nascente realtà discografica del Renonsidiverte ha dato i suoi buoni risultati già dalla prima sera, con la partecipazione dei locali Gea: si chiamerà “Bailamme Generale” il loro prossimo disco, in uscita ad ottobre. Forti della loro popolarità in questa zona, si esibiscono con grande virtù davanti ad una folta schiera di vecchi e nuovi seguaci. Ormai il terzetto si sta lasciando alle spalle l’ottima esperienza fatta con il precedente “Sssh...Blam!” buttando anima e corpo verso le nuove articolazioni melodiche (Sigaretta serale sul balcone) che caratterizzano il loro nuovo lavoro.
L’esperienza live dei ragazzi ci lascia sempre più esterrefatti, sfruttano a pieno le capacità di un ottimo impianto, muovendosi con disinvoltura anche grazie al lavoro accurato del fonico di squadra (Francesco Pontiggia). In una prova carica di passione i Gea spingono verso un rock and roll deciso, dai volumi tanto dirompenti da rendere più carico il loro messaggio musicale (“Svizzera Rossa”), fondendo lo stridere delle loro chitarre con quello degli head-liner della serata. Prima di chiudere un doveroso brindisi alla buona salute della musica che si respira da queste parti.
I One Dimensional Man esprimono tutta l’energia in un concatenarsi di riff garage, noise rock psycho roll, senza respiro. Pier Paolo (basso) e Dario (batteria) sono la strana coppia del garage nostrano, il pubblico richiede in continuazione i loro scatch alcoolici che questa volta tardano ad arrivare ma non mancheranno. La parte iniziale del concerto è pregna dell’orecchiabilità del loro ultimo lavoro “Take Me Away”: una folgorante versione di “Tell Me Mary” ci testimonia che lo stato di potenza della band veneziana non si è mai placato, il duo pare appena uscito dalla fucina di un altoforno tanto infierisce sugli strumenti. Dario da li a poco sostituirà il rullante reso fuori uso dalla sua potenza, mentre il basso correrà, solitario in più di una occasione, fino allo sfinimento, contenuto solo dalla tecnica impeccabile del nuovo chitarrista (Carlo Veneziano) molto abile nelle virate blues che si sovrappongono ai lunghi deliri noise (“Kill Me”) che sanno tanto di passato ed il cui protagonista sarà Pier.
Seconda sera del festival e già si respira un certo clima di attesa: siamo curiosi di sentire i Dilaila suonare i nuovi brani dell'ormai prossimo “Musica per Robot”. Il nuovo disco verrà pubblicato sempre da IlRenonsidiverte ed è previsto il prossimo autunno. Dopo un medio periodo di riflessione, contraddistinto da varie vicissitudini e scelte, la band conferma di essere in grado di esprimersi al meglio e soprattutto di sviluppare la delicatezza di un suono che con “Amore e Psiche” forse era rimasto in sordina. L’inizio con “Interiorità” e la bella "Dolce Illusione” non risulta molto convincente, mentre risalta molto bene la voce di Paola che guida l’iniziale garbuglio di suoni accidentalmente prodotto dal frettoloso sound-check. Il sestetto avrebbe dovuto osare da subito, cosa che fa con i successivi nuovi pezzi: il morbido pop "Occhi di Vetro" e l'echeggiante aggressione di "Psico-Logo" routano in un gioco di equilibri, tra l’intimità dei suoni acustici e suoni più sintetici delle tastiere che corrono a fianco delle due chitarre, raggiungendo una buona espressione sino ad approdare nella tranquillità apparente di "Moderna", prossimo singolo.
22/6 - One Dimensional Man + Gea
23/6 - Deasonika + Dilaila
24/6 - Marta sui Tubi + Vanillina
25/6 - Giorgio Canali + Fabrizio Coppola
26/6 - Offlaga Disco Pax + Edwood I Deasonika hanno fascino ma sopratutto un curriculum invidiabile, chiunque abbia assistito ad un loro concerto sarà sicuramente rimasto positivamente impressionato. Dalla strumentazione utilizzata capiamo che ci aspetterà un concerto di ottimi livelli. Le nostre aspettative non sono state deluse e per più di un'ora assistiamo ad un muro di suoni elettrici impressionante: il gruppo attinge un pò ovunque, dai Radiohead ad un certo rock nostrano ma la miscela sa esprimere il messaggio musicale ben impiantato nell’anima del gruppo. La musica della band lombarda è un continuo richiamo alla new wave degli anni '80 privata di certe romanticherie malinconiche: le chitarre entrano taglienti come coltelli infilandosi a metà tra la voce, a volte acuta a volte urlata di Massimiliano Zanotti, alle delicatezze elettroniche eseguite con grande senso estetico. Un sussulto ci prende nell'attacco di “Tear Drop” (Massive Attack) che il pubblico riconosce emozionandosi immediatamente e che noi consideriamo come una delle migliori cover mai sentite, ma l’originalità di tutto viene espressa nell’avvolgente “Il Giorno Dopo la mia Sana Follia”.
Interessante invece è l'atmosfera che a volte si è creata nel back stage (gazebo con tavolo e panche) dove l'ebrezza prodotta da un buon vino e la simpatia di queste band ha creato dei buon momenti di scambio e relax, sopratutto apportata dalla comparsa di band, ospiti mondani e amici che rendevano omaggio ai protagonisti delle serate.
I Vanillina sono l'ennesima realtà che ha funzionato nell'intento di corteggiare gli amanti di un certo power rock. Pur proponendo un rock derivativo di epoca post-grunge la giovane band comasca è stata da noi apprezzata per la tenacia e l'energia con cui si sono distinti nei 40 minuti di open act prima di lasciare il passo agli ormai celeberrimi Marta Sui Tubi. Un accoppiata che qualcuno ha considerato poco armoniosa, visto il rock post-acustico proposto dal duo. Questo giudizio è stato influenzato dai numerosi concerti che la band ha tenuto al chiuso ma vi giuriamo che la performace è stato il momento più alto e ricco del festival. Il terzetto sa suonare, è in ottima forma, e ormai ha collaudato al meglio i numerosi scatch che accompagnano il concerto: appaiono più divertiti loro che noi quando si ritagliano momenti tutti loro con versioni improponibili di cover sicilianizzate alternate al tipico cabaret, un pò tiraculo da compa, un pò pseudo naive. Si esprimono intensi nel suono acustico della sei corde che spesso viene affrontato con un piglio decisamente mediterraneo. Allo stesso modo e con la stessa carica passionaria si lanciano in lunghi segmenti di mordente autoironico rock and roll, diventato ormai un marchio di fabbrica della band, che sborda a volte nella psichedelia come nell’elettronica “pestona” da rave-party.
Giungendo al penultimo appuntamento della kermesse notiamo più rilassamento nei ragazzi dello staff: ormai la macchina cammina da sola ed ha superato con grande dignità i numerosi concerti che a breve distanza si svolgevano in contemporanea al festival. Il sabato si trasforma in un raduno enogastronomico dell’isola bergamasca, qualcuno compone persino uno slogan ispirandosi al logo bovino del Rockisland: “W la muca che dio la beneducca!” (immaginatelo urlato con la tipica cadenza bergamasca).
Fabrizio Coppola è un’artista in continua crescita musicale, questa sera fa le prove generale del suo nuovo disco, di prossima pubblicazione sempre con marchio Novunque. Il singolo “Radici” è già scaricabile on line dal suo sito da un pò di tempo, ma il nostro ascolto distratto non ce lo aveva fatto apprezzare come questa sera. La voce del cantautore milanese sembra scavalcare con forza le liriche emozionali e drammatiche di quesra stupenda canzone che emana già da ora i ricchi profumi di una corretta stagionatura. I brani del nuovo disco si susseguono in successione, ma quello che ci rimane in bocca è il gusto semplice delle scelte melodiche su di un cantato che ha fatto passi da gigante. Della sua ottima performance rimane il gusto dolce del suo rock d’autore: abbiamo impresso nella mente l’ immagine della sua sagoma, con tanto di Telecaster, dalle movenze springsteiniane, ma soprattutto ci rimane la voglia di ascoltarlo al più presto. Chiude la serata un Giorgio Canali in formissima, ormai lo stiamo monitorando ovunque, questa volta preferisce lanciarsi in discorsi anticlericali contro il nuovo Papa (“al Papa alla Finestra/ Non Fare Festa”) e in maniera molto spontanea dichiara di non curarsi molto se qualcuno se l’è presa. Una sessione più immediata che mai ripercorre tutti i tre dischi del nostro Il brano “1000 Vietnam”chiude la sua performance e viene arricchito da un finale molto sarcastico e tagliente. Il chitarrista ferrarese emette un proclama contro i benefattori dell’”alt-rock” isituzionale (vedi anche Live8): Giorgio sostiene che dobbiamo aprire occhi e orecchie per non cascare tutte le volte nella finzione folkloristica di un Manu Chao qualunque, pronto puntuale a polverizzarsi in qualche eremo a godersi i suoi cospicui guadagni. Be’ come dare contro alla coerenza anarcoide di Canali, lui del resto è sempre lo stesso, con la sua presenza gallica tormentata dal fantasma di Savonarola che puntualmente si presenta per la fine del mondo giusto al tempo dell’aperitivo. Intanto gli auguriamo di riuscire nel suo esperimento di clonare un altro batterista come Martelli.
Ultimo giorno, è già domenica e l’afa sembra non darci tregua. Abbiamo già il magone per la fine di questa maratona indie-rock: ormai c’eravamo abbituati a tutto, alle persone, al loro accento marcato, alla fantastica porchetta, avevamo persino imparato la via per arrivare a Bottanuco evitando l’autostrada e risparmiando qualche euro. Dopo esserci rilassati davanti alle deviazioni synth-pop ’80 unite alle malinconie post-rock dei bresciani Edwood, ci immergiamo nella performance degli Emiliani Offlaga Disco Pax. Ci siamo recuperati un libretto che riporta tutti i loro testi, lo seguiamo attentamente come si farebbe assistendo un’opera calssica. Da subito ci rendiamo conto che il terzetto reggiano propone, senza distacarsi troppo, lo stesso sound del disco, gli stessi stacchetti e attacchi di moog ricreando a doc le stesse alchimie emotive di “Prove Tecniche di Trasmissione”. Critiche o meno riguardo la loro prevedibilità gli Offlaga rappresentano la situazione musicale italiana ideale: divertenti, capaci di tenere l’attenzione del pubblico con sinistra impassibilità (con tanto di distrubuzione di gomme cinnamon e biscottini-wafer), hanno messo d’accordo chi di socialismo si nutre ancora e chi invece si rifugia nelle mode e nel trend. Se li avete associati troppo ai CCCP e ai Massimo Volume non avete torto, ma dal vivo il cerchio si chiude: e come se gli Offlaga fossero riusciti a mettere sull’etichetta della CocaCola l’effige di Lenin. Arrivederci al prossimo anno Rock Island!