live report
Neil Young & Crazy Horse Piazza Colbert, Collisioni Festival, Barolo
Concerto del 21/07/2014
Tomorrow's child
Protect the land
From the greed of man
Take down the dams
Stand up to oil
Protect the plants
And renew the soil
Who's gonna stand up and save the earth?
Who's gonna say that she's had enough?
Who's gonna take on the big machine?
Who's gonna stand up and save the earth?
Occorre partire dalla fine, come spesso succede con i concerti di Neil Young. Occorre partire dai versi dell’ultimo pezzo proposto nel concerto tenutosi a Barolo, paese delle Langhe, preso d’assalto da diecimila fans, piovuti da ovunque per assistere all’unica data italiana del cantautore canadese.
Il filo conduttore, di questo concerto e di tutta la tournée europea di Neil Young, sta racchiuso nei versi del suo inedito Who’s Gonna Stand Up And Save The World, che ha ostinatamente riproposto come encore anche in tutte le altre date dei concerti europei: un caveat forte e preciso, ai signori della guerra e del petrolio, per tener il più lontano possibile dalla madre terra le loro mani grondanti di sangue.
E a ritroso occorre interpretare il mood di tutto il concerto, in cui l’‘Orso dell’Ontario’, un Grizzly gigantesco, assale il pubblico, annichilendolo e deliziandolo insieme, con la furia della sua Gibson Les Paul, che imperversa dall’inizio alla fine, degnamente appoggiato da Poncho Sampedro, sempre pronto a dare l’assist giusto per far partire i suoi lunghissimi assoli.
Un concept live act particolarmente teso e accuratamente pensato, volutamente scarno nella messinscena (senza maxischermi, né effetti speciali, e l’indiano sul cavallo sullo sfondo per tutto il tempo, a suggerire libere cavalcate della fantasia per tutti gli spettatori): il tema, una riflessione sulla presenza dell’uomo sulla terra, sulla sua ricerca di felicità e di amore, sull’amore come unico modo di “living with war”, sulla guerra e sulla violenza come espressione di vita, ma anche fonte di distruzione. Contraddizioni da sempre presenti nell’opera di Young, mai totalmente risolte, e ricomposte con l’energia di una musica furibonda, tormentata, solo a tratti pacificata, per poi riesplodere con rinnovata forza. E quella parte di pubblico che sa entrare in sintonia con la proposta del canadese non prova minimamente ad opporre resistenza a questa furia e si lascia trascinare in questo fiume in piena di note e di pinch armonici. Molti sono venuti a Barolo con la speranza di sentire i grandi classici degli anni ’60 e ’70, ma il vate viaggia sulla sua lunghezza d’onda e propone un bella sequenza da Ragged Glory: Love and Only Love, Love That Burn e la Byrdsiana Days That Used To Be, tutte dilatate all’inverosimile come sempre. C’è anche un’entusiasmante Goin’ Home, dal negletto Are You Passionate, qui resa in modo spettacolare, uno dei pezzi più riusciti, unica concessione agli anni ’70, insieme a poche altre, fra cui un’incisiva Barstool Blues.
La rabbia sembra placarsi, quando Young imbraccia l’acustica e canta soffiando nell’armonica l’immortale, sempre attuale inno transgenerazionale Blowin’ in the Wind, scandendo le parole con una tale precisione che sembra voglia dettarle alla piazza, per incitarla a pensarci su, e non solo a ripeterle a memoria; momento corale, a cui segue un’altrettanto intensa Heart of Gold, sempre sulla linea della ricerca di un amore salvifico, che dia senso all’esistenza.
Ma il vertice assoluto della serata è una versione stellare di Cortez the Killer; qui Young dà voce al conquistador e insieme agli indios, violati e amati insieme, in un amalgama ipnotico e psichedelico, in cui le due coriste rappresentano la madre terra primigenia, Donna Malinche e insieme la voce dolente ed eterna di tutte le donne che hanno pagato e pagano per la violenza altrui, mentre la sua chitarra tesse armonie dalla bellezza purissima e quasi insostenibile, raccontando l’eterna lotta fra bene e male, avidità e generosità, luce e buio, e suggerendo il mezzo per comporre gli estremi: l’arte, che scuote le coscienze e parla ai cuori.
Di tutto il resto, della lunga attesa vessata da due acquazzoni, delle falle nella sicurezza della location, del ritorno accidentato, a causa di un’organizzazione sopraffatta dalla portata dell’evento, degli inevitabili strascichi di polemiche, è già stato scritto da più parti: a noi resterà il ricordo di una serata in cui un artista ci ha resi partecipi delle sue visioni, e nel modo migliore possibile.
(report di Laura Bianchi e Roberto 'Matty Groves' Contini; foto di Vittorio Gonella e Federico Sponza)
Setlist :
1 .Love and Only Love
2. Standing in the Light of Love
3. Goin’ Home
4. Days That Used to Be
5. Living With War Love to Burn
6. Name of Love (Crosby, Stills, Nash & Young )
7. Blowin’ in the Wind (Bob Dylan )
8. Heart of Gold
9. Barstool Blues
10. Psychedelic Pill
11. Cortez the Killer
12. Rockin’ in the Free World
Encore :
13. Who’s Gonna Stand Up and Save the Earth