live report
Le Luci Della Centrale Elettrica Lecce, Anfiteatro romano
Concerto del 19/08/2017
Dello spirito punk à la CCCP che scorreva sottotraccia nei pezzi del debutto di Brondi musicalmente non rimane molto: ne rimangono tracce in salsa electro-pop nel ritornello della coinvolgente Ti vendi bene (da Costellazioni, disco ben rappresentato nella setlist), mentre Piromani, la canzone che dava il nome al progetto (“andiamo a vedere le luci della centrale elettrica”), eseguita in una luce violetta solo voce e chitarra come agli esordi, è diventata meno rabbiosa e disperata, ma più ferma e malinconica; tuttavia quello che anima questo brano, così come l’intero concerto, è comunque la visceralità e l’enfasi struggente e sofferta che rende tanti pezzi un magma cocente di nostalgia, di sogni sospesi o interrotti, tra ricordi, ultimi baci e vulnerabilità come fili scoperti (esemplare in questo senso l'intensità di Quando tornerai dall'estero).
Qualche lieve imperfezione vocale alla fine passa inosservata, incorporata in uno stile in bilico tra parlato e cantato con tante parole (ne serve di memoria tra l’altro per non sbagliare!), mentre l’ottima band composta da Marco Ulcigrai (chitarra), Matteo Bennici (basso e violoncello), Giusto Correnti (che alla batteria mostra grande carica) e Angelo Trabace (tastiere), si destreggia tra folk e rock italiano, pezzi più lenti e brani ritmati come Qui, riff oscuri e crescendo magnetici (v. Cara catastrofe dal secondo album Per ora noi la chiameremo felicità, con chitarra elettrica acida e dolorosa e coda che ingloba gli ultimi, drammatici versi di Fare i camerieri, dal primo disco Canzoni da spiaggia deturpata).
Molto efficaci ed emozionanti poi risultano i ritratti femminili, da quello delicato di Sara e Chiara della canzone, composta con Giorgio Canali, Le ragazze stanno bene, giovani pronte a costruirsi il loro futuro “con materiali fragili e preziosi, senza sapere come si fa”, o della protagonista de I Sonic Youth, brano dalla bellezza lancinante e malinconica che tra piccoli palpiti ritmici Vasco suona al piano, oppure la ragazza della bellissima, placida ballata world Coprifuoco (“hai scoperto che Toronto è una Varese più grande / ma a parte il freddo non si sta poi così male / lì ci sono ragazze come te che da piccole sono state molto sole / e adesso sono più forti di un intero paese). In quest’ultimo pezzo, oltre le guerre di religione presenti e future, si immagina “un albero in fiore tra le rovine”, che crescerà “dove c’era un minareto o un campanile”, in un messaggio di speranza e di rinascita.
Eppure la chiusura è affidata a Nel profondo Veneto, canzone dal ritmo molto accattivante, ma che racconta le “false speranze” di una giovane donna che torna “sconfitta e contenta, facendo finta di niente” nel suo paese senza stazione, senza raccontare il fondo toccato a Milano, dove faceva la fame ed era arrivata a meditare il suicidio. Ma forse non si tratta della consueta solidarietà umanissima nei confronti dei vinti dai sogni infranti, ridotti a puri rottami in una spiaggia deturpata; se l’encore era stato inaugurato da A forma di fulmine, in cui ventenni corse ad accucciarsi sotto il palco, famiglie con cinquanta-sessantenni, coppie di varie età e coetanei di Brondi cantavano in coro all’unisono in un rito quasi catartico, commovente e pregnante in questi tempi di paura quel “Continuare a vivere / e non avere niente da perdere”, nell’ultima canzone forse può prevalere quella “vaga idea di futuro migliore” che la protagonista continuerà a portare negli occhi, non arrendendosi probabilmente al ‘già dato’: è quello che persiste, tenace, del sentito grido-slogan “trasformiamo questa città in un’altra cazzo di città” di Piromani.
Setlist:
Coprifuoco
Qui
Stelle marine
Quando tornerai dall’estero
La Terra, l’Emilia, la Luna
Ti vendi bene
Questo scontro tranquillo
I Sonic Youth
Una cosa spirituale
Waltz degli scafisti
Cara catastrofe
40 km
Piromani
Un bar sulla via Lattea
Chakra
Le ragazze stanno bene
C’eravamo abbastanza amati
Encore:
A forma di fulmine
Nel profondo Veneto