Disorder Fest

live report

Disorder Fest Arena S. Antonio, Eboli (SA)

19/08/2014 di

Concerto del 19/08/2014

#Disorder Fest#Italiana#Alternative

Estate, tempo di Festival. Un calendario che, anno dopo anno, si infittisce di eventi corredati da lineup clamorose e in tono con l’esterofilia più premiante e redditizia. Sarà che alle vendite discografiche in ribasso riparano le esibizioni dal vivo, sarà che la musica italiana non riesce ancora a competere con i nomi di richiamo stranieri, fatto sta che chi oggi in Italia mette su una rassegna musicale ha l’occhio fisso sulla monetizzazione dei live e punta su concerti ad altissima densità di pubblico, fermo restando il rischio di annullare tutto, come accaduto l’anno scorso per l’HJF e il Rock In IdRho.

Non che le cose prendano una piega diversa quando a investire nei raduni rock è l’imprenditoria musicale a carattere locale, che, pur limitandosi a un numero meno consistente di pubblico, ha comunque come principale bersaglio la quantità dell’audience e la garanzia di sostanziosi profitti.

Il discorso cambia registro, invece, quando non è la macchina dell’impresa a mettersi in moto, ma l’esigenza ancora “pura” di dare una chance di visibilità a una scena musicale che opera in sordina, ma che non per questo è meno valida di quella celebrata dalla folla.

È il caso dei Festival che propongono band autoprodotte o quelle dei roster delle indie labels, con il chiaro intento, tra l’altro, di smentire quel vizio di forma per il quale è indie anche ciò che non lo è più o non lo è mai stato.

Operando una scelta ben precisa, lontana dalla logica diffusa di ospitare artisti che rispondono ai recenti cliché di stampo e di seguito hipster, sono Festival che ai grandi numeri non possono certo ambire, ma che dalla loro hanno il pregio di promuovere e diffondere l’autoproduzione e la connotazione indie di band emergenti, in larga parte sconosciute, eppure di qualità.

Di questo microcosmo è parte il Disorder, che da 4 anni riunisce a Eboli, in provincia di Salerno, band esordienti, etichette indipendenti, radio e tutto ciò che ruota intorno al mondo musicale indie e autoprodotto.

L’edizione 2014, compromessa solo in parte dall’annullamento, causa pioggia, della giornata del 20, ha visto nei giorni dal 19 al 22 agosto la partecipazione di circa 2500 persone, che nelle due aree allestite nell’Arena di S. Antonio si sono divise tra live, swap party, dj set, vj set e presentazioni editoriali, dal tardo pomeriggio a notte fonda.  In linea con lo spirito del Festival, si è scelta la politica dell’Up To You per finanziare le iniziative e per garantire a tutte le band il cachet richiesto, i rimborsi e l’ospitalità, manifestando una forma di rispetto che i musicisti alle prime armi di solito non vedono quasi mai riconosciuta.

Più di venti le etichette che si sono alternate (quella del collettivo sperimentale XXXV, Fallo Dischi, Freakhouse Records, I Make Records, Macrostudio Dischi, Octopus Records, Subcava Sonora, Subversive Revenge e V4V, per citarne alcune) e che hanno promosso con ottimi consensi le loro produzioni, dieci i live e svariati redattori della stampa di settore, che hanno monitorato quotidianamente il festival con report e interviste radiofoniche.

Ottimo l’impatto live dei Parkwave, già finalisti 2014 dell’Arezzo Wave Love Festival, che hanno saputo tenere il palco con una disinvoltura sorprendente, dosando potenza e limpidezza dei suoni senza mai forzare la credibilità del loro brit-rock, facendolo uscire convincente e apprezzabilissimo.

Una rivelazione, invece, i Maybe I’m & Bwa Kayiman In Assemblea. Tribal-jazz e voodoo-blues che hanno attratto con la forza di un magnete, sia in modalità schizoide che in quella slow-bpm, sfogando in una imprevedibile catarsi ritmica tutta la forza eversiva del loro ricercato primitivismo sonoro.

Deludenti gli Sweet Jane and Claire, fedeli a una psichedelia annacquata da riverberi new wave e confusa in cupezze alla Sonic Youth o nelle esalazioni di un certo punk, senza raggiungere, e purtroppo, nulla di eclatante anche in sede live, dove si sono mostrati approssimativi e monocorde.

Altra nota dolente i milanesi Gouton Rouge, che in un affastellamento di post-punk-pop-rock hanno rivelato i limiti della loro giovane età, filtrando nel setaccio dei Verdena qualche reminiscenza protoCure, ma senza provocare entusiasmi particolari. Davvero una scelta infelice, a un certo punto, effettare la voce fino a sbiadirla in appannate frequenze.

Le aspettative alimentate intorno al live dei Lantern, i riminesi della scuderia V4V/Fallo Dischi, hanno trovato conferma in un pubblico esaltato dal loro punk hardcore e dalle incursioni off stage del frontman, ma in fin dei conti si è trattato più di un tentativo di violentare sguaiatamente la tradizionale melodia della canzone italiana, che di una performance agit-prop. Se son pose sfioriranno, almeno si spera.

Ma la punta di diamante del Disorder sono stati gli ospiti Mombu, band che non ha certo bisogno di convalide nell’ambiente underground e indipendente, con all’attivo due album (Mombu e Niger), svariate collaborazioni passate e altre in procinto di definirsi su disco.

La presenza scarna del duo, che con sax baritono e batteria ha scandagliato le possibilità del metal con la sonda dell’afrobeat, ha riempito il palco senza alcun bisogno di fronzoli scenici, con un’imponente fisicità a fare da cassa di risonanza a battute e scale armoniche di rara precisione e bellicosità.

La lectio magistralis dei Mombu, ipnotisti del ritmo e delle sue più anestetiche scansioni, ha sfoderato un carisma musicale ed esecutivo spiazzante, confermato dal pubblico in stato di trance sul finire del live.

E per saperne di più sulla loro musica, l’intervista che ci hanno concesso è a questo link http://www.mescalina.it/musica/interviste/25/08/2014/mombu .

Al centro del Disorder, però, non c’è stata solo la musica, perché si è trattato di un Festival ad ampio raggio e punto di incontro tra operatori del settore musicale e quello editoriale.

Una nota a margine merita la presentazione de La nobile arte di misurarsi la palla di Amleto De Silva, satirico e irriverente scrittore, nonché vignettista di Cuore, che, con il solito acume e un eloquio dialettalmente colto, ha sparso critiche al napalm contro i vizi e le meschine banalità della cultura italiana.

Tirando le somme, l’edizione 2014 del Disorder non ha disatteso le aspettative: location perfetta, una proposta musicale che, al netto di qualche défaillance, ha saputo mantenersi a livelli qualitativi rispettabilissimi, un’ottima partecipazione di pubblico e un’atmosfera di complice passione a fare da collante fra tutti coloro che vi hanno preso parte.

L’operazione, dunque, è riuscita e non ci sono dubbi sul fatto che l’edizione 2015 ne canterà ancora delle belle, sempre in nome dell’espressione indipendente della musica e dell’arte in generale.