live report
Bettye Lavette Bollate (mi)
Concerto del 19/07/2006
19 luglio 2006
Villa Arconati - Bollate (MI) Da quando ha pubblicato "I've got my own hell to raise" (2005) Bettye Lavette è tornata a godere di un minimo di attenzione anche nel nostro paese: lo testimoniano le non numerose ma ripetute date tenute in Italia negli ultimi due anni.
Quella del Festival di Villa Arconati era una tappa ideale per questa grande cantante: location suggestiva e pubblico solitamente numeroso in una rassegna che spazia dal pop alla world-music di qualità. Strano quindi trovare in programma accanto a questa signora del soul e dell'r&b un musicista di natura elettronica come Matthew Herbert e ancor più strano poi scoprire che a lui toccherà chiudere la serata con il suo set danzereccio.
Per nulla stizzita la Lavette sale sul palco con grande signorilità e si impossessa subito della scena con una voce che ancora stupisce per forza e personalità. Quello che è un attacco ad alto tasso di funk e rhythm'n'blues funge da riscaldamento ad un'interprete come lei, capace di recuperare qualunque pezzo di black music: così succede con "Your time to cry", un brano del 1972 di Joe Simon, che la Lavette introduce dichiarando a ragione "I sing it better" e poi tramuta in una ballata drammatica e lunga che le vale la prima ovazione.
Il risultato non cambia ed è sempre molto black anche quando si parte dal folk-rock con "Joy" di Lucinda Williams e "Souvenirs" di John Prine, quest'ultima cantata seduta sul palco con la voce spesso da sola a riprendere autorevolmente il ritornello. Dopo una manciata di pezzi questa signora di sessant'anni ha già imposto il suo stile grazie anche ad una band perfetta che la asseconda senza cercare inutili solismi: Alan Hill alle tastiere, Bill Farris alla chitarra, Patrick Prouty al basso e Darryl Pierce alla batteria.
Una trascinante "I can't stop" smuove qualcuno dalle seggiole portando almeno ad un timido battimano, poi la Lavette si rivolge al pubblico accennando ai suoi abbondanti quarantacinque anni carriera, riconosciuti nel 2003 con i W.C. Handy Blues Awards, ed offre una "Close as I'll get to heaven" riarrangiata dalle keyboards di Alan Hill e liberata nel finale da alti vocalizzi.
"Sleep to dream" di Sinead O'Connor con il suo funk nero sembra stabilire un nuovo apice della scaletta, ma il pezzo termina con i musicisti che scendono ad uno ad uno dal palco: è il segnale della fine del set, che la Lavette conclude in modo ammirabile con una "I do not want what I haven't got" cantata in completa solitudine. La sua è stata una performance intensa, da grande artista, che ha sfruttato ogni attimo di un'esibizione purtroppo sacrificata ad una sola ora.
Segue quindi lo spettacolo di Matthew Herbert che coinvolge e incita al ballo con un misto di elettronica, funk e revival anni '80: parte del pubblico si porta sotto il palco dando triste conferma di come questo fosse il concerto più atteso della serata. Noi di Mescalina ci facciamo da parte: preferiamo tenerci sulla pelle i brividi provocati dalla voce di Bettye Lavette, ma non possiamo nascondere il rammarico al pensiero di cosa sarebbe stata questa serata con un programma più mirato, magari con un Solomon Burke o qualche altra voce black al posto di Matthew Herbert.. Foto di Angelo Redaelli
SET LIST
ONLY TIME WILL TELL ME
HOW AM I DIFFERENT
YOUR TIME TO CRY
JOY
SOUVENIRS
I CAN'T STOP
CLOSE AS I'LL GET TO HEAVEN
SLEEP TO DREAM
I DO NOT WANT WHAT I HAVEN'T GOT