Jason Moran - Robert Glasper Piano Duo

live report

Jason Moran - Robert Glasper Piano Duo Aperitivo In Concerto – Teatro Manzoni Di Milano

16/11/2014 di Paolo Ronchetti

Concerto del 16/11/2014

#Jason Moran - Robert Glasper Piano Duo#Jazz Blues Black#Jazz

Giovani, pianisti e texani. Ecco, già in tre sole parole, le indicazioni sufficienti per descrivere quanto ascoltato domenica 16 novembre, come sempre alle 11 di mattina, in un gremito Teatro Manzoni di Milano.

 Era da uno splendido duo tra Kenny Barron e (mi pare) Mulgrew Miller di molti anni or sono che non mi capitava di ascoltare un progetto basato sul dialogo tra due piani. Per alcuni forse sarà superfluo sottolinearlo ma un piano duo rimanda agli appassionati ad una storia ed ad una estetica del jazz assolutamente piena di fascino e potenza. I duelli sullo stesso strumento sono poi armi insidiose per entrambi i “contendenti”. Sono sfide che sovente richiedono spavalderia ed umiltà, senso dello spettacolo e ascolto dell’altro: non puoi “seppellire” il tuo collega di serata sotto le tue note e non puoi farti seppellire; devi mostrarti e essere capace di differenziarti con intelligenza; devi suonare e far suonare, e non è mai, MAI, come suonare in duo con un altro strumento!

 In questo senso il concerto domenicale dei due pianisti texani è stato assolutamente esemplare per l’equilibrio delle parti e la capacità dei due di mostrarsi favorendo l’espressione del musicista che avevano di fronte. Certo poi si può considerare come Moran e Glasper non abbiano mostrato idee o spunti esecutivi da ricordare per più di una piacevole mattinata ma questo mi sembra un problema diverso.

 Si inizia con le “solite” note sospese che diventano, senza fretta, dapprima grappoli ritmici e quindi prendono la forma del blues. Si, perché blues funk sono il terreno comune su cui i due si trovano a dialogare virando il proprio pianismo l’uno verso un suono più ipnotico, con ostinati morbidi e vagamente più classici, e l’alto con un suono più contemporaneo e “cattivo”.

 Tra i momenti più interessanti della mattinata sicuramente il funk con il piano preparato di Moran in cui il suono dei bassi assume cattivissime e inaspettate colorature elettroniche che ricordano, nel suono e nelle note, l’ostinato dei Kraftwerk in Trans Europe Express. Splendido è poi quando, dopo un inizio in puro stile stride, gli arpeggi tra Radiohead e Sufjan Stevens (non so quanto volutamente citati ma le sequenze di accordi erano assolutamente quelle) diventano una splendida rilettura del magico Maiden Voyage di Hancockiana memoria (ed ecco qui un altro grande interprete di epiche sfide pianistiche con il collega Chick Corea).

 Nel repertorio sfoggiato dai due, che si regalano anche brevi intermezzi solistici che danno respiro alla esibizione, non mancano anche intense cadenze gospel e una giovanile ironia capace di rendere anche i momenti più scolastici comunque assolutamente godibili.

 Alla prossima.