Michael Mcdermott

live report

Michael Mcdermott Fiorenzuola / Teatro Verdi

16/09/2017 di Giovanni Sottosanti

Concerto del 16/09/2017

#Michael Mcdermott#Americana#Songwriting

Quando ti sveglierai da quel sogno, forse allora ci racconterai cosa è successo realmente la sera del 16 settembre 2017 al Teatro Verdi di Fiorenzuola d'Arda (PC). Ci parlerai di una meravigliosa tavolata con tanti amici prima del concerto, tortelli da sogno, pasta e fagioli e vino rosso come piovesse. Dirai di un piccolo e incantevole teatro intitolato al Maestro di Le Roncole, gioiello prezioso nell'immenso patrimonio artistico italiano. Poi non potrai che narrarci di quell'uomo che sale sul palco con la sua chitarra e una voce che graffia, commuove, culla, seduce, conquista e riscalda l'anima e il cuore di tutti i presenti. Quell'uomo ha vissuto molte vite, da alcuni anni ha trovato quella buona da vivere, stasera ad ascoltarlo ci sono tutti o quasi gli amici che gli hanno indicato la via giusta da seguire, quella dove i suoi demoni non potevano transitare. Lui è emozionato, felice e molto carico, le mani scorrono sulle corde della chitarra e accarezzano i tasti del pianoforte, come una carezza e una mano sulla spalla ad ognuno dei presenti.

Con lui sul palco Alex Gariazzo e la sua band, chitarra, basso e batteria che rivestono al meglio le poesie in musica di Michael. L'intro è con Italy, scritta in Romagna durante il tour del 2011, poi, in ordine sparso, arriva These Last Few Days, rock graffiante e stradaiolo dallo splendido Willow Springs dello scorso anno. Dallo stesso album sono estratte Gateway Car, ballata dylaniana, Butterfly, eseguita al piano per un altro momento di grandi lirismo e intensità. L'apice dell'emozione si raggiunge probabilmente con l'esecuzione di Shadow In The Window, scritta da Michael in occasione della morte del padre. “Now there's a shadow in the window/that's missing/ there's a shadow in the window that's gone/I want to tell you, I love you” trattiene il fiato tutto il Teatro, impossibile invece trattenere le lacrime su quell'I love you urlato dal profondo dell'anima con un'intensità pazzesca.

La grandezza dell'uomo è nel suo donarsi totalmente, senza paura o vergogna, sono qui, dice, con le mie sconfitte e le mie vittorie, le cadute e le rinascite, i sorrisi e le lacrime. Però ci siamo, anche perché il rock'n'roll ci tiene e ci terrà sempre vivi, anche con montagne da scalare e allora A Wall I Must Climb arriva fiera e tesa dal primo disco, lo strabiliante esordio 620 W Surf che nel 1991 sembrava potesse aprirgli le porte dell'Olimpo del rock'n'roll. Anche The Great American Novel ha il tiro blue collar, come So Am I, entrambe tratte da Hey La Hey del 2009. Rosie è praticamente recitata, srolotolata su un tappeto musicale acustico estremamente suggestivo, irrompe poi Dylan che insieme ai Clash parte dritto per la Highway 61 revisited più punk che ricordo.

Le emozioni non hanno mai fine, ti stropicci gli occhi perché non ci credi, Around The World al piano con dedica a Cesare Carugi, per non parlare di 20 Miles South Of Nowhere. Nei bis arriva addirittura Butch Cassidy per una deliziosa Raindrops Keep Fallin'On My Head in duo con Alex, il finale poi è l'ennesimo e definitivo colpo al cuore, perché No. 49 non fa prigionieri. “Oh Mama, Mama where have you gone/You left your little boy here all alone”. Luci accese, applausi, ancora lacrime, l'uomo sorride, ringrazia, saluta e va via, il suo cuore canta insieme a noi. Non mi svegliate, per favore, non mi svegliate, stanotte voglio che duri per sempre!

Foto di copertina di: Massimo "Bamboo Road" Orsi