Jethro Tull

live report

Jethro Tull Parco Tenda - Brescia

16/06/2001 di Christian Verzeletti

Concerto del 16/06/2001

#Jethro Tull

JETHRO TULL
Brescia, 16/06/2001 - Parco tenda
Credo che ogni buon amante del rock sia in parte affezionato a quel vago sapore di fumo e di sudore che accompagna spesso i concerti all'aperto.
Questo cocktail è ormai sinonimo di una patina d'avventura che non manca mai nel nostro paese, soprattutto quando si tratta di eventi musicali di grandi dimensioni. Al Parco Tenda di Brescia tira proprio quest'aria da grande occasione: per motivi precauzionali visto il tempo incerto, il concerto viene dirottato nel tendone che ribolle di gente e di afa già prima che gli Young Dubliners aprano la serata.
Il gruppo irlandese scalda il pubblico proponendosi come l'ennesimo tentativo di reincarnare i compianti Waterboys, con un suono che non manca di pompare su ritmi e ritornelli accattivanti. Non manca qualche richiamo strumentale ai Jethro Tull e la dedica di "Fisherman's blues" al loro batterista di cui ricorre il compleanno. Poi, quando la fila per una boccata d'aria fresca e per una sigaretta si sta facendo davvero lunga, ecco che piomba sul palco Ian Anderson, saltellando come un pirata all'arrembaggio con l'immancabile bandana.
"This Sunday feeling" e "Crosseyed Mary" conducono un intenso attacco carico di blues e di echi di storia. Il flauto magico volteggia ovunque e fa balzi avanti negli anni fino a "Roots to branches" piena di accelerazioni quasi hard che si riflettono sulle immagini colorate dello sfondo. Ian imbraccia la sua piccola chitarra acustica ("serve per farmi sembrare più grande") e, come un menestrello, attacca "Thick as a brick" con l'epico crescendo finale aumentato dall'assolo di organo di Andrew Giddings. Il caldo soffocante è ormai dimenticato, Ian brandisce a turno verso il pubblico il flauto e la chitarra, ogni suo movimento dirige il gruppo in percorsi che non mancano di incantare anche il più consumato dei suoi fans.
Giri hard e progressive aumentano ancora se possibile la temperatura e i ritmi possenti di Doane Perry tambureggiano ovunque nell'aria facendo sobbalzare il tendone. "Hunted by numbers" è seguita dalla mitica "Bourree" che non sfigurerebbe in una raccolta di arie celtiche / medioevali. È strabiliante come il suono Jethro Tull rimanga sospeso tra l'impeto del rock e solismi di musiche classiche; ancora una volta emerge la capacità di Ian Anderson nel produrre una miscela estremamente personale che riporta in vita elementi di blues, progressive e inconsci echi ancestrali. Il concerto è un'estasi colletiva in cui trovano spazio brani vecchi e nuovi senza distinzione e anche pezzi tratti dai lavori solistici dello stesso Anderson (e cosa si poteva chiedere di più?): per "Watercarrier" Ian accenna al caldo e chiede dell'acqua minerale prima di lanciarsi in una torrida versione estratta da "The secret language of birds".
L'interpretazione produce un effetto da incantatore di serpenti e la breve presenza di un'odalisca sul palco non fa che aumentare la magica ipnosi. Le canzoni vengono intervellate da alcune pause in cui prima Martin Barre e poi Andrew Giddings si esibiscono in solitudine rispettivamente alla chitarra e al piano mostrando da dove provengono quei giri hard e quei tocchi barocchi che si combinano con tanto fascino nella musica dei Jethro Tull. Anderson torna poi sul palco più carico di prima, il flauto si arroventa, detta i tempi degli stacchi, chiama e dialoga con gli altri strumenti e, per la gioia del pubblico, si rimette a suonare su una gamba sola come ai vecchi tempi. Si arriva così alla celebrazione di "Aqualung" con Anderson che ne approfitta per scattare delle foto al pubblico e anche a Barre nel bel mezzo dell'assolo di chitarra. Il finale è un apoteosi un po' pacchiana, ma coinvolgente con un coniglio gigante sul palco ("Bungle in the jungle") e con il lancio di enormi palloncini tra le prime file ("Living in the past"). La festa finisce, i vecchi folletti fanno ritorno nel bosco, ma c'è da scommettere che a quest'ora saranno già là a saltare di pianta in pianta. Hanno dimostrato che l'età non li può fermare. Figuriamoci il caldo.
Grazie alla Faustini Promotion che ce li ha portati in città.