Mark Lanegan Band

live report

Mark Lanegan Band Festival Villa Arconati - Castellazzo di Bollate MI

15/07/2013 di Paolo Ronchetti

Concerto del 15/07/2013

#Mark Lanegan Band#Rock Internazionale#Alternative

Pubblico di appassionati. Pubblico di veri amanti della “sporcizia” e dei moti malati e insoddisfatti dell’anima, delle chitarre suonate con passione, delle voci arrochite da fumo e alcol, di storie perdute. Pubblico di amanti delle tenebre e degli improvvisi squarci di luce. Questo era il pubblico ci circondava lunedì sera a Villa Arconati. L’apertura, puntuale e di grande qualità, è appannaggio di un gruppo belga (tra i paesi europei cui guardare oggi con più attenzione per l’interessante scena musicale che si è sviluppata) di cui non ricordo il nome, che pur rimandando ad almeno un paio di cose simpatiche e importanti della storia del rock (in primis le splendide chitarre e i riff alla Marquee Moon dei Television e in second’ordine i Nirvana meno spinti in alcuni appoggi della voce) riescono ad essere assai intriganti meritandosi gli applausi convinti del pubblico.

Dopo una lunga attesa, che temiamo lunga in quanto il manager probabilmente era in giro a cercare il cantante perso nei suoi tormenti esistenziali nascosto da qualche parte nel parco, il quartetto che accompagna il cantante americano si presenta sul palco e secco parte con una Gravedigger’s Song cattivissima. Mark caracolla, è ancora più magro del solito e insicuro sui passi. La voce è impastata come di alcol bevuto di recente e ancora un po’ fredda. La band suona sicura e, a tratti, trascinante con il chitarrista Steven Janssens che suona con grande carisma: ispirato e “cattivo”.

Per fortuna la band è determinata perché le condizioni di Lanegan appaiono da subito precarie. A volte, nei saluti, sembra non inquadrare il microfono così come fatica a rialzarsi quando si china a raccogliere l’asciugamano. La voce non ha mai modulazioni o dinamiche e tanto meno la profondità che tutti amiamo ma, detto questo, non sbaglia una nota e fila come un treno dal primo all’ultimo brano. Certo, verso metà set il canto si fa meno automatico e leggermente più profondo ma nulla in grado di emozionare veramente. Non vorrei essere troppo duro, ne Lanegan ne la band lo meriterebbero, ma le precarie condizioni del cantante sono sin troppo evidenti così com’è assolutamente evidente come la sua musicalità naturale e profonda gli consenta di non “affondare” nonostante tutto. Anche la scelta delle canzoni in scaletta varrebbe da sola l’uscita e il prezzo del biglietto: una dozzina di brani che passano da Sleep With Me alla rilettura di Devil In My Mind (Smoke Faries) sino all’attesa Methamphetamine Blues che chiude un concerto che se ha avuto un difetto evidente è stato quello della sua scarsa durata (un’oretta e dieci di musica)… ma forse in questo momento a Lanegan non potevamo chiedere altro.

Si conclude con il pubblico più fedele diviso tra gli arrabbiati per la scarsezza bel materiale proposto e gli integralisti che, di Lanegan, tutto giustificano e nulla hanno visto, o anche solo vagamente percepito, delle difficoltà dell’uomo.

Le foto della serata sono di Vito Sartor