live report
Avi Lebovich & The Orchestra Feat. Omer Klein Teatro Manzoni (Milano)
Concerto del 13/11/2016
#Avi Lebovich & The Orchestra Feat. Omer Klein#Jazz Blues Black#Jazz Israele
Colpiscono subito molte cose. La giovane età dei membri, a partire da un trombettista diciannovenne e da un chitarrista diciottenne che si prende i primi due soli del concerto in Goin Home giocando, con autorevolezza, prima con un suono sporco e poi con un timbro synth che ricorda quello del miglior Pat Metheny (e peccato che, come troppo spesso succede al Manzoni, i suoni delle chitarre siano sempre in secondo piano). Ma il band-leader e trombonista, Avi Lebovich, è uno splendido quarantenne e il pianista ospite, Omer Kein, di anni ne ha trentacinque! E naturalmente degli altri elementi (4 sax; 2 trombe; 2 tromboni, a cui va aggiunto quello del leader; e una precisa sezione ritmica a tre con basso chitarra e batteria) nessuno sembrava raggiungere l’età del band leader!
Altra cosa sorprendente in tutti i brani è la grande attenzione, negli arrangiamenti e nelle esecuzioni, agli impasti timbrici delle voci orchestrali. In ogni momento! Per fare ciò, oltre che scrivere e dirigere bene, bisogna provare tanto, come ormai non succede più spesso. Questa orchestra sembra essere preparatissima su tutto il repertorio perché ha a disposizione tempo per provare, e con tempo per provare è possibile lavorare sullo step successivo a quello del “sappiamo suonare il brano e improvvisarci sopra”. Si può andare verso uno step successivo. In questo caso fare un lavoro (splendido) su quella coerenza timbrica che permette di ricostruire e restituire al pubblico il “racconto” del brano.
L’orchestra propone prevalentemente brani dei vari membri del gruppo e il livello è vario e alto: che si tratti delle atmosfere vagamente gillevansiane dell’apertura (mancavano tube e tastiere ma l’impasto gli sembrava debitore); sia che si vada su brani che vanno a richiamare la musica Ebraica come Zambura che, dopo una introduzione di sax su scale orientali, ha visto i musicisti tenere complesse poliritmie battendo le mani. Il potente blues Betray sembra invece trascinarci nelle atmosfere hard boiled di notturna metropoli americana alla fine degli anni ’50, con richiami al Mingus di Ah Um (le prime tre note del tema sono quelle di Goodbye Pork Pie Hat).
Smile si fa ricordare per il bellissimo ingresso poliritmico dell’orchestra alla fine del solo di basso, oltre che per la sorprendente capacità di fare viaggiare il tema tra le varie sezioni.
L’ingresso di Klein al piano avviene su una Stolen Moment arrangiata in maniera non del tutto convincente contraendo e allungando i tempi del tema. Nonostante ciò il lavoro orchestrale è sempre interessante mentre meno interessante è l’apporto del pianista che invece emerge meglio in Fearless Friday, un brano con atmosfere funky molto piacevoli, o nella solitaria Yemen in cui emerge meglio la sua personalità. In generale però il pianismo di Klein tende a ingentilire troppo il suono d’insieme.
Il concerto prosegue senza cadute di ritmo e nel finale recupera anche una deliziosa verve sixties da Bachelorette Party di gran classe che non intacca minimamente la qualità di arrangiamenti e esecuzioni. Una spumeggiante Moanin, una Groove Collage piena di coolnes, e come bis Hikky Burr e un travolgente finale brasiliano con un grintoso solo di Sax Baritono (visibile nel video) che aiutano a rendere ancora più leggere le due ore di preziose orchestrazioni di questa mattinata!
Vorrei concludere con un ringraziamento allo staff di Aperitivo in Concerto. Sono vent’anni che partecipo a questi concerti della domenica mattina e TUTTO il personale è sempre di una gentilezza unica. A partire dalla signora Viviana Allocchio passando per cassiere e steward di sala. Mi verrebbe da dire un piacere, e una attenzione, d’altri tempi.
Foto di: Andrea Furlan