live report
Eli "paperboy" Reed @ Poisson Rouge New York City
Concerto del 11/08/2010
Quest’ultimo è il classico sottoscala, con piccolo palco, grande bancone da bar, qualche poltroncina, tavoli che vanno e vengono a seconda dell’affluenza di pubblico, e con un bel programma eclettico: in una settimana di agosto si sono alternati Elliott Sharp con Eric Mingus, un pianista che proponeva Cage, un’orchestra da camera con Mozart e Gavin Bryars in programma, ed appunto Eli ´Paperboy´ Reed.
L’opening act è affidato ad April Smith, esponente del Brooklyn Soul, che guida il Great Picture Show, un quartetto acustico con look vintage da anni Cinquanta, e propone un pop soul bianco, leggermente speziato di vaudeville e di jazz in superficie, genere già ampiamente esplorato tra ’80 e ’90 specie in terra britannica.
Bella voce, canzoni orecchiabili, qualche strizzata d’occhio ai Dexys Midnight Runners, che però vestivano finti stracci e sapevano suonare musica a tratti esplosiva, mentre April e i suoi sono più elegantini, più mainstream, meno potenti nel suono e sicuramente ancora acerbi.
Il pubblico, numerosissimo e misto con età dai 25 agli over ’60 anni, è lì per ballare e divertirsi, quindi apprezza, attendendo di scatenarsi a dovere nel set successivo, a cura di ´Paperboy´ Reed, un giovane soulman bianco di Boston cresciuto sui classici della black music, e fresco di esordio major dopo un paio di autoproduzioni (il suo recente ´Come and get it!´ è pubblicato da EMI/Capitol).
Affiancato dall’impeccabile sestetto dei True Loves, dal vivo Eli è una vera bomba e conferma quanto di buono si dice di lui, con un set di oltre un’ora, in cui offre un soul funk canonico ma sincero e potente, passando in rassegna tutto il nuovo disco ed alcune canzoni precedenti, tra cui ´The Satisfier´, ´It’s Easier´ e ´Doin’ the Boom Boom´.
Faccia da schiaffi, ciuffo ribelle e physique du role, ottima voce e mood che sa ispirarsi ai mostri sacri del genere, da James Brown, di cui riprende anche una certa fisicità, a Marvin Gaye, Otis Redding e Sam Cooke, il Paperboy sa conquistare il pubblico cantando sempre con trasporto, frullando un concentrato irresistibile di energia e ritmo, alternando torridi funk (´Come and Get it!´, ´Help Me´), soul verace (´Name Calling´, ´I Found You Out´, ´Young Girl´), ballate sexy ed ululanti (´Time will tell´, ´Just Like Me´, ´Pick Your Battles´ ), e spunti rock’n’roll devastanti, come ´You Can Run On´ e il medley di ´Tell Me What You Wanna Hear´ e ´Twistin´The Night Away´ di Sam Cooke.
Grandissimo finale con il bis ´Explosion´, incendiario e sensuale come il vecchio James Brown sapeva fare.
Certo non c’è niente di nuovo sotto il sole, ed è pure un po’ paradossale (ma indicativo delle altre strade prese dalla black music) che la fiamma della grande tradizione soul sia agitata da un ragazzo bianco del Massachusetts, che riesce comunque a dare freschezza ad una musica ben nota, anche se, finora, sembra mancargli la killer application, ovvero la canzonaccia che si ascolta, si ricorda e si fischietta: se la azzeccasse, lo potremmo trovare in cima alle classifiche.
Perchè, ragazzi, una serata così divertente il sottoscritto non la ricordava da tempo.