live report
Francesca Woodman Francesca Woodman 1958-1982: 116 Fotografie E 5 Video - Palazzo Della Ragione Milano Fino Al 24 Ottobre 2010.
Concerto del 10/09/2009
Il senso di smarrimento provato durante la visione della retrospettiva ´Ritratti Interiori´, dedicata a Francesca Woodman (Denver 1958-New York 1981), è il punto di partenza che utilizzerò per cercare di sviluppare un’analisi che avrà probabilmente come limite l’eccessiva personalizzazione.
A tredici anni alla Woodman viene regalata una macchina fotografica. Da allora, per nove anni, questa sarà il mezzo con cui la bambina, l’adolescente e la donna misurerà e analizzerà il suo rapporto con lo spazio e il corpo in una prospettiva annullatoria e mimetica che lascia sbalorditi e inquieti per la consapevolezza che sempre esprime. Consapevolezza innanzitutto della forza, forma e posizione del proprio corpo nello spazio.
La Woodman utilizza, infatti, il suo corpo come soggetto e oggetto delle foto. Il corpo dell’artista è il corpo della modella in un gioco di sguardi e rimandi continui e lucidi. È un corpo a volte sensuale, a volte giocoso nel suo immergersi in abiti e oggetti vintage, sempre, o quasi, semplicemente oggetto seminascosto.
L’ambiente disadorno e la non riconoscibilità del viso sono altre caratteristiche uniche del suo linguaggio. La prima foto scattata con l’autoscatto a tredici anni ha già in se molte delle caratteristiche che saranno della sua opera. Il viso è nascosto dai capelli. Il corpo nello stesso tempo, è visibile e confuso quasi la mancanza d’identità dovuta all’irriconoscibilità del viso, potesse renderla oggetto indefinito tra gli altri oggetti indefiniti della fotografia. E poi la luce, ad amplificare questo senso di indeterminatezza quasi magica. E l’ostentazione del procedimento (il cavo per l’autoscatto) che diventa una parte importante della geometria della foto e cordone ombelicale dal quale trarre linfa vitale.
Come non smarrire la propria vita quando dai tredici ai ventidue anni hai saputo fare del tuo corpo artistico una carne così intensa (o della tua carne fisica hai saputo trarre un corpo artistico così imponete?). Il rinascere alla nuova carne in maniera cronemberghiana potrebbe essere una opzione se non fosse solo una possibilità letteraria; reinventarsi mercante d’armi come Arthur Rimbaud maledicendo la propria opera, oppure scegliere l’ultimo e più estremo atto, consapevoli di essere troppo presto arrivati ad un punto senza ritorno.
Ma attenzione: nulla nell’opera della Woodman può autorizzare una lettura che dia implicazioni di disagio mentale. Non ci sono allucinazioni al di là della realtà allucinatoria di cui tutti possiamo fare esperienza, nulla che richiami alla morte se non un condivisibile senso mimetico, nulla che possa rimandare, anche lontanamente, a una psicopatologia. La morte sembra appartenere solo un arrendersi al ´già fatto´.
Come sottolinea Marco Pierini nel completo catalogo (Francesca Woodman, Silvana Editore €35.00) l’autoritratto woodmaniano non rimanda mai ad un atteggiamento narcisista e sterile, quanto ad un’analisi del proprio io destinato a non trovare le risposte ultime. Ed è forse questa l’analisi che può dare un perché alla tragica fine di una artista che, nei pochi anni intorno alla propria adolescenza, ha saputo disegnare un’opera che sa e saprà di contemporaneità per molto e molto tempo.