live report
Songs For Ulan Cellatica (bs)
Concerto del 10/03/2006
10 marzo 2006
MORYA - CELLATICA (BS) Pietro de Cristofaro sale sul palco del Morya tranquillo, si accomoda su una sedia senza andare nemmeno ad occupare il centro della scena e, quando imbraccia la chitarra acustica, tutto fa pensare ad un'esibizione raccolta, per pochi intimi. Invece non appena comincia a suonare la voce emette una forza rauca e la band ne trascina il passo in un blues. Accompagnate dal suono di un archetto, le immagini insanguinate di "No stains" ("The blood that I'm drawing leaves no stains") sono segnali che intimano un concerto crudo.
Quanti hanno apprezzato i due dischi di Songs for Ulan e soprattutto l'ultimo "You must stay out" si rendono conto del peso che le canzoni assumono dal vivo. L'attacco di "Hell was next to come" sbatte appuntito, duro: l'inizio è una serie di colpi ben mirati che lasciano uscire prepotentemente il fondo blues dei pezzi, poi squarciati dalla chitarra elettrica di Enzo Mirone. Attirata da tanta forza, la gente abbandona il bar al piano di sopra e riempie la sala: i musicisti sembrano non curarsi di quanto succede attorno a loro, suonano stando dentro le canzoni e rimangono in silenzio una volta terminata l'esecuzione.
De Cristofaro abbozza qualche parola tra un'accordatura e l'altra, ma a parlare sono le canzoni. Dopo un'amara "Secret fires" dei Gun Club, Enzo Mirone imbraccia l'organetto e introduce ad una parte del concerto solo apparentemente più sussurrata: la versione di "You must stay out" è nettamente superiore a quella su disco e a colpire è soprattutto la voce di Pietro, profonda anche nelle sfumature dei pezzi più lenti. Le interpretazioni sono tuttaltro che flebili: anche quando appoggiano su arrangiamenti ridotti al minimo, gli strumenti tessono fili ben tesi. Merito a Enzo Mirone (chitarra e organetto), a Fulvio Di Nocera (basso e archetto) e a Floro Pappalardo (batteria), che si dimostrano parte essenziale di Songs for Ulan.
Vengono recuperati pezzi anche dal precedente Ep: "Now I know" è una botta cattiva e (di)storta, in bilico tra il rock'n'roll e il blues, squarciata fino all'urlo. Lo stesso vale per "No more, no less" che porta gli strumenti quasi a fischiare senza perdere in centralità: dal vivo il maggior pregio di Songs for Ulan sta proprio nella capacità di dare forza alle interpretazioni senza perdere in definizione. Assolutamente centrati sono tanto i pezzi trascinati, percorsi da lunghe ombre, quanto quelli ossessionati e scossi dal blues.
La scaletta si chiude con una "On my hand" iniziata quasi per caso con De Cristofaro, sempre seduto, che mugugna un soffio di blues: la band entra su un passo elettrico che in breve si impossessa degli strumenti portando il basso a colpire scuro e il canto ad allungarsi ripetutamente. De Cristofaro scende dal palco per rendersi conto della forza scatenata, mentre i suoi musicisti continuano a squartare il pezzo uno ad uno. Richiamato più volte, sguaina ancora tre pezzi tra cui il folk di "It doesn't really matter", suonato come un Nick Drake incazzato, e il country bastardo di "Folsom prison blues" di Johnny Cash.
Alla fine sui presenti non rimangono macchie di sangue, ma tracce più profonde, chiaramente riconoscibili: appartengono a qualcuno che non fa parte della cerchia indipendente della musica italiana, ma ne sta fuori, nettamente al di sopra. Scaletta:
NO STAINS
HELL WAS NEXT TO COME
THE COUNTING SONG
LITTLE
SECRET FIRES
A PRESENT
YOU MUST STAY OUT
THEY'RE CRYIN' FOR NOTHING
NOW I KNOW
SOMEBODY ELSE DO IT
NO MORE, NO LESS
WHEN WE PARTED
3 SUBMARINES
ON MY HAND
JULIE
IT DOESN'T REALLY MATTER
FOLSOM PRISON BLUES