live report
Transgender Brescia
Concerto del 09/02/2007
09 febbraio 2007 - Morya (BS) Ad un concerto dei Transgender bisogna andare spinti dalla curiosità che porta a vedere un gruppo sconosciuto: la classica domanda "cosa fanno questi?" è il miglior approccio alla musica del quintetto di Imola.
Inutili le menate per capire se questa sia una band più indie o più prog, più alternativa o più post. Se i loro dischi in studio spiazzano, cercano soluzioni ardue e sfuggono a definizioni, dal vivo è un'altra storia e viene fuori quella che è la vera indole della band: divertente.
Certo a sentire "Mey Ark Vu" e il precedente "Sen Soj Trumàs" non si direbbe che i Transgender abbiano un lato ludico: i loro arrangiamenti, fatti di evoluzioni tecniche e dure, combinati ad un canto occulto e ad una lingua inventata, danno l'idea di un progetto fortemente pensato e di una musica che segue una concettualità ardita. Invece no, i Transgender sono proprio uno spasso e viene da dire che la trasversalità suggerita dal loro nome è spontanea e non coinvolge solo la musica: non si trovano tutti i giorni gruppi che offrono un set complesso e allo stesso tempo provocatorio, ponendosi sul palco senza la pretesa di volersi spiegare o atteggiare, anzi spesso sparando cazzate in assoluta libertà.
Sin dall'inizio è chiaro che i Transgender rifuggono qualunque immediatezza: di fronte ai primi colpi e a qualche stacco duro che batte su "Suni" c'è una coppietta che se ne va, ma le dinamiche che girano sotto i pezzi già fanno intuire quello che è in programma. La voce di Lorenzo Esposito Fornasari stende sì una preghiera arcana in "Fray Tjus", ma gli strumenti viaggiano spediti che è un piacere.
Ogni pezzo è una sorpresa, soprattutto "Spoony Geeza", introdotta da squarci di basso e da un piano deviato; notevole anche il finale con alcuni volteggi vocali degni dei Muse e una melodica soffiata da Alessandro Petrillo.
Le canzoni - ma si possono chiamare così? - sono costruite su opposizioni tra parti che battono hard e passaggi salmodianti, a tratti popolari a tratti rumoristici, non distanti da quanto fatto dai Mariposa.
Difficile dare una definizione, anche perché i Transgender non si vergognano di imbastire un pezzo "ballabile" con un ritmo dance e qualche suono che fa il verso ai videogiochi degli anni '80. A questo si aggiunge l'atteggiamento del cantante che si rivela un animale da palco al contrario: anche quando declama statico i versi della sua lingua inventata, Lorenzo riesce a fondere l'umore dei pezzi e i suoni della sua voce con gli arrangiamenti della band. Perfettamente "coerenti" le sue urla e le sue parti labiali, quasi degli scioglilingua ad inseguire gli assoli di chitarra nel corso di "Phàrmakon" e "Berlina".
Chiude "Tango", una marcetta tra il popolare e il progressive con il canto che assume sembianze da orco e il piano di Davide Santandrea che corre libero. Lascia tutti di stucco Luca Cavina che abbandona il basso e conclude la performance con una prova di stage diving direttamente sui divanetti. Ancora più esilarante il bis, una cover del tradizionale siciliano "Mi votu e mi rivotu" stravolta fino a tramutare la drammaticità della canzone d'amore italiana in un pezzo surreale.
Alla fine però qualcosa non quadra: chi è venuto a vedere i Transgender spinto dalla curiosità, se ne va soddisfatto e divertito, col dubbio però che la prossima volta potrebbe essere tutto diverso.
SET LIST:
Kobo
Suni
Fray Tjus
Spoony Geeza
Actik
Polvere
Kju
Phàrmakon
Berlina
Tango
Mi votu e mi rivotu