Nick Cave & The Bad Seeds

live report

Nick Cave & The Bad Seeds Roma / Palalottomatica

08/11/2017 di Giovanni Sottosanti

Concerto del 08/11/2017

#Nick Cave & The Bad Seeds#Rock Internazionale#Rock

Riatterrare sul pianeta terra dopo un concerto del genere? Neanche a pensarci! Voglio continuare a vagare nell'iperspazio, sospeso tra misticismo, discendere nella profondità degli inferi ad assaporare il dolore più vero e crudo per poi riemergere in un impeto di vitale rinascita. Voglio danzare sulle teste della gente come il sacerdote nero di questo incredibile rito messianico, una vera messa laica di redenzione, from here to eternity. Voglio cantare Push The Sky Away fino a domani mattina, perché tanto si potrebbe andare avanti all'infinito, in un sabba liberatorio e catartico, sospesi in una dimensione onirica e trasportati fuori dal tempo.

Non è possibile parlare del concerto di Nick Cave con termini e aggettivi usuali, perché quando vai via e scendi le scalette che portano alla Colombo, ti volti a guardare il Palalottomatica e pensi che forse sei stato vittima di un sortilegio, qualche magia nera ti ha trasportato per due ore in un segmento spazio temporale che trascende il concetto di realtà. Un uomo nero, alto, magro e dinoccolato ha ballato sulle nostre anime e sulle nostre teste, mettendoci davanti agli occhi la sua anima e consegnandoci il suo cuore ferito e ancora sanguinante. In cambio si è preso il cuore di tutti i presenti, in un palazzetto stracolmo e stordito dall'emozione.

Anthrocene, Jesus Alone e Magneto scandagliano la profondità del dolore umano di fronte alla perdita di un figlio, con Higgs Bosom Blues arriva in circolo la prima vera scossa di adrenalina, suggellata da una From Her To Eternity violenta, spettrale, selvaggia, pronta ad esplodere in uno dei primi abbracci tra Nick e il pubblico. I Bad Seeds picchiano duro, Warren Ellis è un perfetto e mefistofelico direttore d'orchestra, detta i tempi e lancia gli assoli.

Tupelo e Jubilee Street accendono i motori per il decollo, The Ship Song, Into My Arms, Girl In Amber e I Need You regalano struggenti oasi di pace e di intensità. Red Right Hand riaccende i fuochi prima dell'esplosione con The Mercy Seat, incredibile, travolgente, inarrestabile, interminabile, totale.

Riemerge prepotente il dolore con Distant Sky e Skeleton Tree, il Re Inchiostro cerca sempre più il suo pubblico, stringe mani, vuole condividere un sentimento che non trova conforto. Su The Weeping Song scende tra il pubblico passandovi in mezzo, guadagna una piattaforma nel mezzo del parterre e da lì dirige cori e battimani.

Poi è l'apoteosi finale, con Stagger Lee si rompono schemi e convenzioni consolidate da anni e anni di concerti, Nick chiama l'invasione di palco e tutti sopra a cantare e ballare. Invita poi tutti a sedere perché è il momento della sublimazione, la magia trova forma in una Push The Sky Away lenta, avvolgente, sinuosa, catartica, eterna, un unico respiro, prigionieri di un sogno che ancora continua, saluta e se ne va, la magia è compiuta. And some people say that it is just rock'n'roll Oh but it gets right down to your soul You've gotta just keep on pushing Keep on pushing Push the sky away.

Foto di: Antonio Ruotolo