live report
Mary Gauthier Cantù / 1e35
Concerto del 08/10/2018
Mary Gauthier porta la bellezza dentro di se e possiede il dono innato di esprimerla attraverso la sua voce e le sue canzoni. Ha vissuto e la sua non è stata una vita per nulla facile. Scoprirsi omosessuale in una famiglia molto tradizionalista, collocata per altro nella Louisiana intollerante e conservatrice, non fu affatto facile per la giovane Mary. Fuggirne via fu il primo impulso, il secondo furono purtroppo alcool e droghe variamente assortite, vagabondaggio e prigione a condire il tutto. Dopo anni di lavoro come ristoratrice, finalmente scopre la capacità di scrivere e raccontare attraverso la musica. Una discesa agli inferi con ritorno alla luce, la musica come percorso di catarsi, purificazione e presa di coscienza. Una chitarra e un'armonica per ballare insieme ai suoi demoni, dandogli un nome e guardandoli in faccia, senza più paura, perché la bellezza ha preso il sopravvento.
E anche questa sera il giardino dei sogni non può che trovarsi a Cantù, All'Una e Trentacinque Circa, perché sentirsi a casa è la sensazione più bella.
Apre la serata la giovane Jaimee Harris, from Waco, Texas, capelli biondi, un bel tatuaggio di Townes sul braccio destro e un deciso piglio da rocker, più che da folksinger. Un'attitudine che emerge chiaramente, pur presentando i pezzi di Red Rescue, il suo primo album, con il solo ausilio di una chitarra acustica. Sull'ultimo brano si unisce a lei il violino di Michele Gazich, per il finale variopinto di un'esibizione nel complesso convincente.
Contornata da un impressionante silenzio, Mary guadagna il palco insieme a Michele Gazich e Jaimee. Dopo anni di album autobiografici, nella sua ultima fatica discografica Mary ha rivolto l’occhio e la penna verso il dolore altrui, dando voce alla rabbia, alla disperazione, ai sensi di colpa e di abbandono, alla difficoltà di reinserimento dei reduci di guerra. Un lavoro durato due anni nell’ambito della collaborazione con Songwriting With Soldiers, un’associazione no profit fondata nel 2012 dal cantautore Darden Smith.
Inizia con la title track Rifles & Rosary Beads un viaggio intenso attraverso scenari desolanti e senza speranza, perché attorno hai solo "bombed out schools and homes/kids in the streets alone". I toni sono quelli di un country folk asciutto con venature di blues, i colori inevitabilmente scuri. The War After The War descrive il dramma personale di chi torna e delle famiglie che li riaccolgono, mentre la successiva Iraq assesta un bel pugno dritto allo stomaco, un'atto d'accusa verso l'America e il proprio governo, parla chiaro "my enemy wasn't Iraq", ovverosia "il mio nemico non era l'Iraq". Pezzo tanto crudo quanto splendido. La voce di Mary si staglia dolente e ciondolante, spesso tagliente, mai rassicurante. La seconda voce di Jaimee incrementa il pathos dei pezzi, mentre il violino di Gazich traccia i contorni e colora il quadro, scarta di lato con fantasia e tocchi di classe.
Si prosegue con "Bullet Holes In The Sky", canzone per il Giorno dei Veterani. Il pubblico trattiene il fiato, estremamente coinvolto e rispettoso. Avanti con Soldiering On, ballad che apre il disco con un invito a non mollare. Qualche spiraglio di speranza si fa strada attraverso It's Her Love, l'amore della moglie come ancora di salvezza contro i demoni di un reduce e con la successiva Stronger Togheter, piu' forti insieme. A questo punto cala il sipario su Fucili e Grani di Rosario, applausi convinti e un pizzico di commozione.
È il momento di rispolverare vecchie gemme del passato, più o meno recente. Last Of The Hobo King impreziosiva Between Daylight And Dark del 2007 con uno splendido folk blues polveroso e di frontiera, tra Townes, Guy Clark e il Dylan di Pat Garret. Another Train è invece una struggente ballad in cui il treno rappresenta forse l'unica via di fuga dal dolore "I'm moving on through the pain waiting on another train". Poi ci pensa Mercy Now a strapparti via definivamente l'anima e a rimescolarti ben bene quel groviglio di sentimenti che asserragliano il cuore. Meraviglia, non dovrebbe finire mai. Si chiude con This Land Is Your Land, inno corale e politico, immensa ed eterna, canzone che da sola ha scritto la storia. Mary la fa sua, ha scoperto una coscienza politica e un senso di appartenenza "this land was made for you and me".
Butta quella chiave Carlo, chiudici dentro e non farci andare via, non interrompiamo il sogno, andiamo avanti tutta la notte! Poi capisci che va bene così , forse è meglio, non servono durate da record quando dici tanto, tantissimo anche in meno tempo. Mary Gauthier, from New Orleans, Louisiana.
Foto di: Giuseppe Verrini