live report
Andrea Chimenti La Casa 139 - Milano
Concerto del 08/02/2005
8 febbraio 2005 - La Casa 139 (Milano) Articolo di Vito Sartor e Christian Verzeletti Quanti si aspettavano di assistere alla presentazione dal vivo delle nuove canzoni di “Vietato morire”, come erroneamente annunciato in giornata da alcuni quotidiani, saranno rimasti delusi nel vedere Andrea Chimenti salire sul palco de La Casa 139 e sedersi ad un leggio, accompagnato solo dalla chitarra di Massimo Fantoni. E forse qualcuno si sarà anche chiesto che cosa stesse succedendo quando il cantautore toscano ha cominciato a raccontare di una favola orientale e di un “imbecille rimbecillito” che trova nell’arte tante falsità ingannevoli e nessuna risposta alle domande della vita.
Ma come? Proprio lui che ha pubblicato album ritenuti fondamentali nel processo della canzone italiana come “L’albero pazzo”? Proprio lui che la critica considera una cantautore dalle forme e dai contenuti spirituali? Stava forse rinnegando tutto? In realtà, con l’aggiunta di alcune letture tratte da “La confessione” di Lev Tolstoj e da “Il Deserto dei Tartari” di Dino Buzzati, stava prendendo forma lo spettacolo de “Il porto sepolto”, disco pubblicato nel 2002 musicando le poesie di Ungaretti. Eppure anche per coloro, la maggior parte, che erano a conoscenza del programma, ci sono stati momenti di esitazione: al termine dei brani gli applausi sono rimasti spesso bloccati, quasi che il silenzio fosse l’unica forma per esprimere il proprio apprezzamento di fronte ad uno spettacolo così intenso.
La prima canzone proposta è stata “Vanità”: il pezzo ha subito stabilito quella distanza dal mondo che si prova una volta presa coscienza dell’immensità della vita. Chimenti ha così cominciato ad interpretare versi senza inciampare in alcuna incertezza, con una voce calda e partecipata, a volte integrando la lettura con delle semplici gesta o cambiando postura da seduto a in piedi. Le letture de “La Confessione” sono servite per puntare verso il concetto principale di tutti i suoi lavori, ovvero il cammino (il viaggio) nella vita dell'uomo: l'essere che si domanda, che chiede e non sempre si lascia guidare.
Gli schemi sonori de “Il Porto Sepolto” sono stati accentuati ne “La Notte Bella” e ripresi in “San Martino del Carso”: il trepido echeggiare della voce, gli arrangiamenti sonori di un laptop, così come gli arpeggi più sostenuti, accostati all'intimità del pianoforte (suonato da Chimenti), hanno creato un fondo alle parole e agli interrogativi, portando all'equazione enigmatica di “Cori descrittivi di stati d’animo di Didone”.
Qua Chimenti ha speso qualche parola per spiegare il percorso della serata e per girare pagina dal dramma di Tolstoj, di fronte all’inadeguatezza della scienza, dell’arte e del sapere, a quello de “Il deserto dei Tartari” di Buzzati, rivolto ai valori dell’onore e della gloria. Ancor prima che nelle interpretazioni, la sensibilità di Chimenti si è dimostrata nella ricerca dei testi e nella costruzione di uno spettacolo in cui la poesia di Ungaretti è servita per marcare l’inevitabile passaggio di questi traumi verso la parte più interiore dell’animo umano.
In questa seconda parte sono stati ancora più evidenti i meriti di Massimo Fantoni, che da una piccola chitarra elettrica ha sviluppato l'idea di un'intera orchestra fatta di effetti minimali, di riverberi leggeri come di rumorismo elettrico. Grazie a queste sonorità lo spettacolo ha goduto di una rara tensione: l'immagine del deserto è stata riprodotta ora con un soffio sulla chitarra, ora con uno stridere di archetto, arrivando a far rivivere la drammatica sensazione di chiusura di quella fortezza, che Buzzati racconta assediata da esseri più o meno immaginari.
Da qui il fallimento, la solitudine e la morte, seguiti da un segnale di speranza rappresentato dall’immagine del fiume che, da luogo in cui ha vissuto Ungaretti (l’Isonzo, la Serchia, il Nilo e la Senna), è diventato corso per l’anima lasciando appena intravedere la foce divina a cui approdare.
Come in un abbraccio di note per pianoforte, quasi solenni, rivolte verso il pubblico, sono stati poi eseguiti i due brani di chiusura, “Nostalgia” e “Silenzio”: neanche qui sono giunte risposte, ma “solo” domande da custodire e da coltivare. Alla fine ad arrivare nella loro forma più compiuta, sono stati invece gli applausi, grati di quello che la musica e la poesia, per una volta armoniosamente unite, hanno suggerito.
Scaletta:
Lettura da "La Confessione" (Tolstoj)
Vanità
Lettura da "La Confessione" (Tolstoj)
La Notte Bella
Cori Descrittivi di Stati d'Animo di Didone
Lettura da "Il Deserto dei Tartari" (Buzzati)
da Ultimi Cori per la Terra Promessa
Lettura da "Il Deserto dei Tartari" (Buzzati)
San Martino del Carso
Natale
Lettura da "Il Deserto dei Tartari" (Buzzati)
Il Compleanno
Silenzio
Nostalgia