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live report
Will Hoge Il tour italiano di Will Hoge and Band: un successo annunciato
Concerto del 06/02/2025
Will Hoge da Nashville, Tennessee, mai troppo celebrato né osannato, sempre in seconda fila, ma con la fierezza e l'umiltà di chi ha capito da subito che c'è poco da sottilizzare, la storia è così, se ti sta bene. Strade secondarie e polverose, piccoli palchi, locali a volte bui e maleodoranti, amplificatori, casse e chitarre da caricare e scaricare da furgoni approssimativi, ma dentro il cuore tanto calore, da rovesciare come un fiume in piena sulle corde delle chitarre e nelle canzoni che lo accompagnano da anni. Una carriera musicale ormai più che ventennale e una quindicina di album alle spalle, compresi alcuni live autoprodotti, ma soprattutto un pubblico di fedelissimi appassionati che ha imparato ad apprezzarne da subito l'immediatezza e l'onestà, oltre a una simpatia semplice, timida e contagiosa.
Le coordinate di viaggio sono quelle che esplorano l'universo musicale di Bruce, Mellencamp, Tom Petty, Fogerty e Bob Seger, con piacevoli incursioni nel southern rock e nella musica nera del tanto amato Otis. Il tutto incorniciato da una voce ruvida, potente e nera, in grado di abbracciare le ballads come i pezzi più tirati.
La prima tappa del viaggio è il 6 febbraio a Roma, Teatro Lo Spazio, un piccolo e accogliente teatrino alla spalle di San Giovanni. Roma, piazza spesso poco ricettiva verso proposte di stampo American music, roots rock e affini, risponde invece con una buona dose di partecipazione e passione. Will Hoge & Band, due chitarre, basso, batteria e tastiere, partono piano e scaldano i motori con brani elettroacustici, come nello stile dell'ultimo album Tenderhearted Boys. Deadbolt apre la serata, seguita dall'evocativa Even The River Runs Out Of This Town, ma già Too Old To Die Young pigia sull'acceleratore della ballad heartland rock pura e assassina. Better Off Now (That You're Gone) pesca dal passato remoto di Blackbird On A Lonely Wire, mentre It's Just You torna al presente in un perfetto equilibrio tra ballads accattivanti e pezzi rock'n'roll punk urlati con il sacro fuoco e la rabbia di chi ha imparato che It's hard to be a saint in the city. Curse e Middle Of America, ma anche I Still Got It, Still A Southern Man e Bad Old Days tra gli highlights della serata. Non manca John Prine's Cadillac, sentito omaggio al grande John Prine, idolo di Will, casualmente incontrato una volta nel traffico di Nashville. Quando tutto sembra ai titoli di coda, ecco il colpo da maestro, Will individua un vecchio pianoforte in fondo al locale, e, aiutato dalla band e dal pubblico lo porta al centro della sala per salutarci con una ballad lenta e sognante, quasi un Tom Waits anni '70 fuoriuscito da un fumoso Jazz Club di Los Angeles.
La seconda tappa del viaggio, il 7 febbraio, disegna un nome nuovo sulla carta geografica della passione musicale, Casapulla, piccolo centro in provincia di Caserta. Radio Zar Zak è qualcosa di ancora più piccolo e incredibile, un negozio di strumenti musicali con al di sotto una saletta adibita ai concerti. Spazi piccoli e movimenti ridotti al minimo anche per i musicisti, ma a rendere unico il tutto si respira il malcelato entusiasmo di chi tocca con mano sogni che si realizzano, una frontiera della musica Americana che si spinge fino al Sud Italia per aprire nuovi tangibili orizzonti di condivisione e passione. Hoge e i ragazzi della band respirano da subito aria di casa, il concerto per forza di cose ha prevalenza di brani più acustici, le cavalcate elettriche sono riservate al finale, ma questo non inficia il coinvolgimento del pubblico, sempre attento, caldo e partecipe. Ritornelli e battimani per un set in cui spiccano una meravigliosa Goddam California e chicche come Hey Tonight e Pocket Full Of Change, direttamente dal lontano passato.
Ma è la terza tappa, l'8 febbraio, che suggella il tutto, dando un senso a chi continua incessantemente a rincorrere l'ultimo sogno e poi ancora un altro e un altro ancora, etc. Somewhere in the middle of Toscana, near Grosseto, in una sala gremita di sudore e rock'n'roll, niente sedie, nessuna separazione tra musicisti sul palco e pubblico, è lì che tutto si compie. Uno show adrenalinico, sognante e sognato, one, two, three e non ce n'è più per nessuno, Will Hoge & Band alla conquista del mondo, come fosse l'ultimo show da suonare sulla faccia della terra. La setlist ricalca piuttosto fedelmente quelle precedenti, citazioni particolari per una Cold Night In Santa Fe da brividi sottopelle, così come The Last One To Go e Even If It Breaks Your Heart, quest'ultima direttamente ispirata del Mellencamp più rurale.
Chitarre tirate allo spasimo, tastiere che saltellano, basso e batteria a pulsare la medicina migliore che possa esserci.
Da Laura Bianchi, presente al Joshua Blues Club di Como, il 1 febbraio, per l'ultima data del tour italiano, arrivano le stesse belle sensazioni, compresi i brividi quando, a fine set, Hoge raggiunge un piano, e di nuovo si abbandona a una ballad struggente, in mezzo a un pubblico rapito ed entusiasta.
I'm too old to die young...E anche il rock'n'roll non morirà mai, almeno fino a quando personaggi come Will Hoge continueranno a calcare le assi del prossimo fottutissimo palco.